Un “vecio triestin d’adozion” come me impiega un attimo a rompere il ghiaccio con un vero “mulo” come è, invece, Mauro Milanese, direttore sportivo del Varese 1910.
Basta citargli la filosofia del “No se pol!”, ben nota a chi ha frequentato, anche se per poco tempo, la stupenda città alabardata. Modo di pensare, va detto, che cela sempre una robusta dose di scaramanzia.
Mauro però capisce al volo il senso dell’incipit, scansa velocemente il tentativo e di botto mi risponde: “Ciò, varda che stavolta se pol. Se pol, eccome!”
Dietro a queste semplici sillabe, tanto amate dai triestini, si nascondono certezze ed imprevisti, sicurezze e dubbi, la dolce brezza che soffia dal mare e la bora scura che scende dal Carso. Insomma, se non tutto, tanto del vivere tra Piazza Unità e Barcola.
Questo stile di vita appartiene anche a Milanese che, ovviamente, sa quando è giusto spingersi in là verso il “Se pol” e quando, al contrario, è più saggio fermarsi al “No se pol”.
Questo volta il dirigente varesino calca forte sul gas e dice:
“Non voglio fare pretattica, né nascondermi dietro ad un dito e allora ti dico che si può, si può per davvero perché è bello, giusto e doveroso crederci. Realisticamente abbiamo il dovere di provarci con tutte le nostre forze perché dietro c’è la nostra storia, tutto quello che di buono siamo riusciti a mettere insieme in questa favolosa stagione, nel primo turno di playoff e, infine, nell’incredibile serie vinta contro il Verona”.
Crederci sempre, contro tutto e tutti…
“Quello che sembra uno dei tanti slogan ad effetto per noi è pura verità, perché nove addetti ai lavori su dieci danno favorita la Sampdoria. Perché gli sguardi del mondo del calcio sono tutti puntati su Marassi. Perché ai più sembra del tutto normale che quel “posto” spetti alla Samp, per smentire quella logica aberrante secondo cui i campionati sono già decisi a tavolino, in Lega, dappertutto tranne che sul campo di calcio. Perché noi questi discorsi li abbiamo già sentiti anche a Verona. Perché il Varese può guardare tutti dritto negli occhi, perché in campo, per fortuna, non ci vanno né il blasone, né la storia, né i soldi, né le vittorie né i grandi campioni che in passato hanno vestito maglie gloriose. Il calcio giocato, per fortuna, è un’altra cosa. E’ “qui e ora” anche se personaggi come Mandorlini preferiscono parlare di in rigore non dato piuttosto che ammettere che il Varese nel corso delle due partite è stato nettamente, indiscutibilmente, superiore: 2-0 in casa, almeno 5 nitide occasioni da gol costruite al Bentegodi con il portiere Rafael che è stato il migliore in campo per i gialloblu. Per tutte queste ragioni ci troveremo a combattere contro tutto ciò che ci circonda. Ma questi “capitoli” ci aiuteranno perché pomperanno energia nei nostri cuori e forza nelle nostre gambe. Capitoli che giustificano non solo il sogno, ma anche ambizioni, aspettative, speranze del popolo biancorosso, di un’intera città che da 37 anni attende di poter vivere, consumare e deliziarsi in quella che, al solo pensiero, sarà una gioia immensa ed indescrivibile.
Massimo Turconi