A 7 gare dall’inizio del campionato è possibile tracciare una sorta di bilancio sulla Openjobmetis 2020-2021. Una squadra costruita facendo di necessità virtù in una situazione economica delle più difficili, forse e probabilmente la più difficile degli ultimi anni, nella quale la società ha cercato di coniugare la nascita di un nuovo corso con la volontà di raggiungere traguardi importanti.
E’ nato così un roster giovane, ambizioso, ma che necessita tempo per poter crescere, amalgamarsi e dare i frutti sperati. Un gruppo fondato su uno zoccolo italiano molto forte al quale sono stati aggiunti due pezzi da 90 pronti a dare il supporto necessario in termini di punti ed esperienza.

Ad oggi però i conti non tornano e qualche scelta inizia ad essere pesantemente imputata alla società da una tifoseria scottata più che mai dall’addio di coach Attilio Caja quest’estate, reo di aver logorato a livello di rapporti una famiglia, come quella biancorossa, con la quale aveva convissuto felicemente per 5 anni.
Bulleri si è trovato così in un batter d’occhio alla sua prima vera esperienza da capo allenatore, nonostante gli anni di gavetta e la lunga carriera in campo, a dover gestire una situazione non semplice, per di più carica di aspettative dall’esterno. Ne deriva che ad oggi c’è una squadra costruita da un allenatore ma allenata da un altro, con giocatori non ancora all’altezza del blasone varesino e che, probabilmente, necessitano di una guida forte che li diriga senza freni in ogni azione.

Emblematici sono i casi di Ruzzier, Andersson, Morse, Jakovics, tutti giocatori molto indietro nel percorso di crescita prospettato dalla società e che ad oggi appaiono spaesati e molto meno efficaci di ciò che sono effettivamente, incapaci di integrarsi in un gruppo squadra che manca di coesione e spirito di sacrificio.
Se a ciò si aggiunge che uno dei due fari tecnici della squadra, Douglas, appare più come una lampadina scarica, il gioco è presto fatto. L’americano sembra sempre come “un vorrei ma non posso”, e così depaupera il potenziale tecnico infinito che avrebbe tra le mani.
Inoltre Bulleri deve riuscire a gestire la presenza di un totem come Luis Scola che ha trascinato Varese in una dimensione diversa da quella degli ultimi anni, elevandola di aspettative e potenziale. Uno dei giocatori più importanti a livello mondiale sta inevitabilmente andando anche ad influire nelle normali dinamiche di una squadra che si è sempre basata sulla forza del gruppo, più che le qualità del singolo per raggiungere i risultati.

Probabilmente la vera questione si crea qui: il fulcro di tutti i ragionamenti sta proprio nella capacità di coniugare le doti del campione al gioco corale intorno a lui, ad oggi molto indietro. Scola non deve essere l’ancora di salvezza di una barca alla deriva, ma il motore in più di una macchina ben avviata.
Questa situazione porta alla ricerca di un qualità offensiva superiore, che oggi Varese non ha, a discapito della vera forza di questa squadra negli anni, ossia una difesa organizzata ed aggressiva, capace di dare solidità e fiducia poi alle trame offensive nella metà campo avversaria.
Bulleri deve cercare al più presto di trovare il bandolo della matassa e lo potrà fare con l’aiuto di un Jalen Jones in più ed i rientri di capitan Ferrero e Niccolò De Vico che potrebbero ridare energia, grinta e coesione ad un gruppo squadra apparso sempre più slegato e che ha bisogno, come primo obiettivo, di ritrovare solidità e struttura. La sfida di domenica contro la Virtus Roma è già di vitale importanza. 

Alessandro Burin

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