L’Excalibur Pub di Induno Olona era indubbiamente un punto di riferimento per tante persone che avevano voglia di bere della buona birra, mangiare qualcosa in compagnia e divertirsi tra amici. I tempi verbali sono purtroppo al passato perchè, come per tutte le attività di questo tipo, anche l’Excalibur ha dovuto chiudere i battenti: prima il DPCM ha imposto di serrare la claire alle 18, ora, quello in vigore da qualche giorno, consente ai bar, pub e ristoranti solo l’asporto. E la situazione non può che essere complicata, come dice senza mezzi termini Massimiliano Azzalin, titolare del locale che ha creato da zero 17 anni fa.

Come state vivendo questo momento?
“E’ una situazione vergognosa e gli organi competenti stanno affrontando questo periodo con una logica che non ha senso. Alla fine, gli unici davvero penalizzati siamo noi che abbiamo locali. Noi, ad esempio, abbiamo sempre aperto solo di sera e quando raramente l’abbiamo fatto anche per pranzo era per preparare ciò che era necessario per la sera. Le pause-pranzo non sono mai state l’attività principale, e nemmeno il take away o la consegna a domicilio. La nostra clientela e le nostre entrate derivano dal serale e ora è dura reinventarsi e riorganizzarsi”.

Durante il primo lockdown avevate offerto il servizio take away e anche quello di consegna a domicilio.
“Ora abbiamo attivo soltanto il take away perchè la consegna a domicilio non ci conviene in termini economici. Dovrei tenere qui un dipendente in più e non ci starei con i costi di gestione. Con il take away, invece, riusciamo a lavorare io, mia moglie e un solo dipendente, ossia il pizzaiolo. Inoltre, ho deciso di farlo soltanto il venerdì, il sabato e la domenica; gli altri giorni non ne vale la pena e quindi sono totalmente chiuso. Parlando di numeri, nello scorso weekend, il primo del secondo “lockdown”, non ho guadagnato nemmeno quello che normalmente incasserei in una serata normale infrasettimanale. E’ difficile andare avanti, ma per ora tengo aperto con il take away almeno nel fine settimana per tenermi un po’ occupato altrimenti anche psicologicamente diventerebbe davvero complicato”.

Un locale come il suo ha delle scorte di cibo e bevande e chiudere del tutto vuol dire tanto anche sotto questo aspetto. Come vi state organizzando?
“Certamente. Durante il primo lockdown ho dovuto letteralmente buttare via ben 12 fusti di birra del valore totale di 1200 euro. Dopo 70-80 giorni di chiusura, la birra non sarebbe stata più buona, sarebbe stata deteriorata. Abbiamo dovuto cambiare, dunque, tutti i fusti e metterne di nuovi. Ad oggi la situazione non è identica a qualche mese fa, ma poco ci manca. Prima del blocco sono infatti riuscito a svuotare 4 fusti su 12, ma temo che gli altri 8 faranno la fine dei 12 di questa primavera, ossia li dovrò buttare. L’unica soluzione che vedo è regalare della birra a chi viene da me a prendere cibo da asporto ed è quello che, a malincuore, sto facendo”.

Avete ricevuto aiuti? Avete in previsione di riceverne?
“In primavera, a fronte di 120mila euro di fatturato perso, abbiamo avuto dallo stato solo 4900 euro a fondo perduto, mentre attualmente non ci è ancora arrivato nulla. Le preoccupazioni sono tante perchè fino a gennaio abbiamo sospeso il mutuo dell’acquisto delle mura del locale ma prima o poi dovremo ricominciare a pagarlo. Ciò che abbiamo messo via durante il lavoro dei mesi estivi ci serve adesso per pagare fornitori, dipendenti, tasse e contributi”.

In estate c’è stata una ripresa?
“Devo dire che è andata meglio delle previsioni e abbiamo lavorato sugli stessi livelli dell’anno scorso. Questo, per fortuna, ci è bastato per accumulare qualche scorta che ci sta servendo per questo periodo. Ad ottobre abbiamo lavorato tutto il mese tranne l’ultima settimana, resteremo chiusi tutto novembre e chissà cosa ci riserverà dicembre e i mesi futuri. Nel frattempo, dovremo pagare le imposte comunali e statali e i dipendenti. Non so come faremo se rimarremo chiusi per molto altro tempo”.

Le spese sono sempre tante…
“Ci siamo adeguati alle normative, predisponendo gel igienizzante, misurazione della temperatura, tavoli più distanziati e ai quali non ci si poteva sedere in troppe persone, ma non ho acquistato i plexiglass. Il mio locale è un luogo di aggregazione e ho sempre voluto che la mia clientela potesse passare in tranquillità qualche ora senza l’assillo di avere davanti del plexiglass divisorio tra i tavoli. Con il senno di poi ho fatto bene, perchè se anche li avessi comprati ora sarei chiuso ugualmente e sarebbero stati ulteriori costi da aggiungere a quelli che ci sono già”.

Come vede una possibile riapertura nei prossimi mesi?
“Secondo me ci daranno ancora più restrizioni rispetto a quelle che c’erano alla riapertura a maggio. Può darsi che prima di Natale ci consentano di riaprire e lavorare ma ho paura che a gennaio, dopo le feste, se la situazione sanitaria non cambierà radicalmente, dovremo bloccarci un’altra volta. Quello che vorrei è che non ci fossero disparità tra commercianti: o tutti i negozi e locali possono rimanere aperti, oppure tutti devono rimanere chiusi. Com’è adesso non è giusto”.

Cosa vede nel suo futuro?
“Spero di riuscire a vendere la mia attività perchè dopo 17 anni di sacrifici sono stanco. Tutto il mio lavoro non è servito a niente perchè lo stato ci considera “beni non essenziali”. Ho creato dal nulla il mio locale, ma ora sono davvero stufo. Voglio migliorare la mia qualità di vita e non sono più disposto a sacrificare tutto per questo lavoro. Me ne cercherò un altro, sperando di trovarlo, cosa non così scontata di questi tempi e alla mia età”.

Laura Paganini

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