Lo scorso novembre Giuseppe Puleo raccontava che il suo sogno era quello di arrivare nella società più importante di Varese e, a luglio 2020, l’allenatore messinese classe ’85 ha raggiunto il suo obiettivo: dalla prossima stagione sarà lui ad occuparsi degli Allievi Provinciali Under16 dell’Accademia Varesina. “Quando ho varcato il cancello della sede – racconta il neo-tecnico delle giovani fenici – sono stato travolto da un’ondata di emozioni. Ho subito capito perché quando si parla di Varesina si usa il termine famiglia: è un ambiente fantastico che trasuda professionalità e professionismo in tutto, dalle strutture all’organizzazione, passando ovviamente per il personale. Fatico a trovare le parole per dire quanto io sia felice”.

Non hai mai avuto dubbi sull’accettare la proposta della Varesina?
“Avevo ricevuto un’offerta allettante per diventare Match Analyst di una squadra estera di terza serie, per la quale avrei anche allenato l’Under14, ma quando è arrivata la chiamata della Varesina non ho avuto alcun dubbio. Sono praticamente sceso dall’aereo. Un ruolo determinate è stato giocato da Cosimo Bufano, referente per tutte le società affiliate alla Varesina: ho avuto modo di conoscerlo quando ero all’Arsaghese e la stima che nutro per lui ha influito molto. Poi la mia è stata una scelta di cuore”.

In che senso?
“Dieci anni fa la provincia di Varese mi ha accolto e, pur non rinnegando le mie origini, mi sento ormai un varesino. Ho iniziato a seguire il calcio dilettantistico e nel 2010, quando è stata fondata la Varesina, è nata mia figlia. A giugno, insieme al suo compleanno, mi ritrovavo a festeggiare anche le promozioni della Varesina dalla Terza Categoria alla Serie D. Io credo nel destino e per questo ho sempre visto la società della famiglia Di Caro come il meglio della provincia di Varese: da quando ho iniziato ad allenare i Santi Martiri a Legnano ho sempre sperato di arrivare qui”.

Chi ti ha colpito di più della famiglia Varesina?
“Tutti. Ho avuto il piacere di conoscere Max Di Caro e posso dire che oltre ad essere molto intelligente è un uomo determinato e ambizioso che sta lavorando in maniera egregia. A Coverciano mi avevano parlato benissimo di mister Spilli e l’ho constatato di persona: riesce ad abbinare l’aspetto umano alle competenze calcistiche, una cosa non scontata; in più è una persona leale e sincera. Poi c’è Masini che nel ruolo di responsabile del settore giovanile non ha eguali. C’è Belluzzo che a Varese è un monumento: ha un occhio clinico, analizza le partite,capisce cosa accadrà ben prima che questo accada, e mi auguro di fare un decimo di quello che ha fatto nella sua carriera. A livello di segreteria mi ha colpito molto Farinazzo, che è anche e soprattutto un direttore tecnico di assoluta competenza, perché non pensavo si potesse lavorare con così tanta dedizione a livello amministrativo e burocratico. E non dimentichiamoci assolutamente di tutti gli allenatori, i quali hanno un bagaglio tecnico elevato che si riflette nei grandi risultati ottenuti dalla società ad ogni livello”.

Che Under16 avete costruito tu e Masini?
“Ho sposato appieno il progetto della società, per cui condivido la scelta di premiare con il passaggio ai regionali i ragazzi che si sono contraddistinti lo scorso anno, dal portiere De Luca al centrale di difesa Misuriello, senza dimenticare bomber Casella. Non ci saranno più nemmeno Mongelli, Piscitiello e Ossen, motivo per cui dovrò studiare un’alternativa per sopperire alla mancanza di gran parte del potenziale offensivo. Avrò comunque due attaccanti esterni del calibro di Bonino e Amodeo, e in più mi sono portato dall’Arsaghese il portiere/attaccante Veshaj, il terzino Giordano e il centrocampista Pirolo. Io e Masini abbiamo cercato di costruire una squadra dall’alto valore umano, perché il calciatore in sé emerge solo in un secondo momento: ho a disposizione una squadra motivata, forte, ambiziosa, e i ragazzi hanno dimostrato di avere fiducia in me. Non vedo l’ora di cominciare la preparazione il 27 agosto”.

Cosa dobbiamo aspettarci a livello di gioco?
“Cercherò di improntare una manovra offensiva che porti sottorete i centrocampisti; nella mia filosofia di gioco gli esterni bassi diventano ali e quindi proveremo a fare grande densità sulla trequarti. Non ho un modulo prestabilito, ma ricerco fluidità ed efficacia. Secondo me alle tradizionali due fasi di gioco se n’è ormai aggiunta una terza, per cui la transizione ha quasi più valenza dei momenti di possesso e non possesso. Sarà quindi necessario studiare tanto e lavorare con i singoli giocatori, per far sì che in ogni momento della partita prendano la decisione giusta. Voglio una squadra che giochi con principi di gioco, voglio costruttori che diano il via alla manovra e invasori che si occuperanno di far male”.

Preparerai ancora ogni partita in maniera maniacale?
“Assolutamente sì! Anzi, vedendo le strutture di cui dispone la Varesina mi sono emozionato. Ho già ripetuto più volte che secondo me la video-analisi è il futuro e molte società professionistiche, tra cui Padova, Vicenza e Bologna, registrano ogni allenamento per farlo rivedere ai ragazzi ed evidenziare gli errori. In questo modo si abbina l’istruzione al divertimento e un ragazzo è più invogliato ad imparare. Per quanto mi riguarda andrò a vedere gli avversari, filmerò le nostre partite e continuerò a studiare ogni cosa nei minimi dettagli. A VideoMatch è stato integrato Dynamic, un software di video editing che permette di lavorare in maniera più intuitiva ed efficace sui movimenti dei giocatori. Mi sto allenando ad usarlo con le partite di Champions League per migliorare e non vedo l’ora di metterlo in pratica per i miei ragazzi”.

Facendo un passo indietro, come ricordi la tua esperienza all’Arsaghese?
“Tutti giustamente ricordano la seconda stagione per il gran cammino che abbiamo fatto, ma secondo me è stata più importante la prima. A livello tecnico eravamo sicuramente tra gli ultimi e nelle prime tre partite abbiamo subìto 17 gol; da lì alla fine del campionato ne abbiamo presi solo 16 compiendo delle vere e proprie imprese, giocandocela alla pari, o quasi, con tutti. Riguardarmi indietro adesso mi fa sorridere: non avevo ancora fatto il corso a Coverciano, ero decisamente acerbo, fissato con i moduli, ma è stata un’annata importante che mi ha permesso di lavorare sull’aspetto difensivo e sull’agonismo. In ogni caso ricorderò sempre con gioia i momenti all’Arsaghese e sono felice di esser riuscito a salutare di persona i miei ragazzi”.

Affrontare il lockdown com’è stato?
“Fermarsi in quel modo è stato un trauma per me, figuriamoci per i giocatori. È stato davvero un peccato non poter finire la stagione, ma ho cercato di restare in contatto con tutti organizzando tornei alla playstation per tenere il morale alto. Di mio sono ottimista e anche nelle disavventure provo a vedere qualcosa di positivo: in questi mesi a casa, tanti allenatori avranno avuto modo di migliorare a livello tattico e quindi la prossima stagione, indipendentemente dalla categoria, sarà ancora più bello affrontarsi sul campo”.

Per concludere, so che hai rassegnato le dimissioni alla Polizia per diventare allenatore a tempo pieno; come ti senti?
“Devo tanto alla Polizia, ma il mio sogno vero e proprio è fare quello che mi rende felice. Allenare. Gli allenatori dilettanti dedicano al calcio il loro tempo libero, io ci dedico il mio tempo: mi sveglio, faccio la video-analisi, sento i miei ragazzi, studio gli avversari e vado a letto contento come un bambino. Io sono un ragazzo e un allenatore umile: voglio diventare vecchio, guardarmi indietro ed essere fiero della mia vita perché l’ho vissuta facendo quello che amo”.

Matteo Carraro

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