La triste conta delle vittime del maledetto virus purtroppo non si fermerà ai numeri di chi ci ha così tragicamente lasciato e di chi è stato infettato ma avrà uno strascico che nessuno riuscirà mai a quantificare: il danno psicologico. Che eredità lascerà il tempo che il covid ha sottratto alla vita di ciascuno di noi, alle nostre abitudini, ai nostri rapporti personali, alle nostre passioni? Più di un esperto indica i giovani tra i soggetti che a causa della pandemia, saranno i più esposti al rischio di sviluppare problemi legati alla salute mentale. Come abbiamo più volte sostenuto, il periodo di forzata inattività fisica può certamente comportare il rischio di traumi a livello muscolare ma la cosiddetta “ripartenza” porta con sé anche la domanda relativa a come approcciare l’aspetto psicologico del ritorno alla socialità. Come ben sappiamo essa è insita nel gioco del calcio, in special modo per i giovani atleti delle attività di base, per cui il calcio è sostanzialmente “giocare con gli altri”. Questa è la domanda che ogni istruttore, anzi ci piace di più chiamarlo educatore, si è posto al momento di riprendere le sedute di allenamento e noi la domanda la giriamo al dottor Paolo Bozzato, psicologo, psicoterapeuta e professore a contratto all’Università dell’Insubria, dove insegna psicologia dello sviluppo e della comunicazion e nei corsi di alta formazione dei progetti CIM (Comunicare e Interagire con i Minori).

La prima domanda che rivolgiamo al dottor Bozzato riguarda le fasce di età messe più a rischio da questo periodo pandemico?
“Bambini, bambine e adolescenti hanno sofferto un impatto più forte degli adulti per via della perdita delle cosiddette routine, ossia appuntamenti fissi (scuola, allenamenti ed altre attività del tempo libero) così importanti perché infondono sicurezza e continuità alla propria identità. La fascia più a rischio è rappresentata dai preadolescenti, ragazze e ragazzi tra gli 11 e i 15 anni; a questa età il gruppo dei pari è percepito come essenziale per il proprio benessere psicologico e relazionale. Sono a conoscenza di molti ragazzi che hanno eluso il controllo dei genitori pur di poter incontrare furtivamente i loro coetanei anche quando non si poteva. D’altro canto, non è facile neppure riprendere i rapporti con i pari d’età dopo una lunga separazione e si possono generare ansie e timori di giudizio o rifiuto. Si tratta di far ripartire un processo di conoscenza reciproca e interazione umana che è stato forzatamente interrotto e reso solo virtuale (con tutte le distorsioni del caso)”.

Quali sono i comportamenti che possono rivelare il disagio?
“La pandemia ha aumentato moltissimo il livello dello stress sia a livello individuale sia collettivo. Nei bambini e negli adolescenti osserviamo frequentemente in questo periodo post-pandemico ansia, irritabilità, aumento dell’aggressività, tristezza, paure (tra cui quella del contagio), disturbi del sonno, stanchezza, disturbi psicosomatici come mal di testa o di pancia. Tutti segnali tangibili di disturbo da stress post-traumatico. Non dimentichiamo che qualche ragazzo può aver subito lutti importanti di familiari o altri conoscenti.

Come l’istruttore/educatore deve approcciare le eventuali situazioni di criticità?
“È importante innanzitutto accogliere con una presenza il più possibile attenta, calorosa ed empatica. Il messaggio che deve passare è: “Che bello, finalmente siamo di nuovo qui tutti insieme per giocare!” e non puntare subito sulle prestazioni e la competizione. Lavorare poi per creare un clima di gruppo il più possibile sereno. Nel caso di un disagio manifesto, è importante non far finta di niente. Bisogna, invece, esserci ed essere disponibili al dialogo: come posso aiutarti io? Possiamo a ragionarci insieme? Quali cose potrebbero rassicurarti? Confidando anche qualche preoccupazione nostra e spiegando come la gestiamo internamente (ad esempio, se il problema è la paura del contagio si può dire che adottando le misure di sicurezza la probabilità di contagiarsi è molto bassa)”.

L’istruttore/educatore come potrebbe essere messo in grado di gestire al meglio questo difficile momento post pandemico?
“Il Covid e le sue conseguenze psicologiche e sociali ci hanno colti tutti impreparati. Per questo è importante continuare ad informarsi, formarsi e intraprendere tutte le iniziative utili per favorire il proprio equilibrio interiore e la propria crescita personale e professionale. Più l’istruttore/educatore è sereno, più lo sarà la sua squadra. I ragazzi ci fanno da specchio. Le professioni che ci mettono a contatto con gli altri ci obbligano a sviluppare doti umane e relazionali, non possiamo essere solo dei tecnici. Dobbiamo lavorare per potenziare l’ascolto, l’autoconsapevolezza, l’empatia e le altre capacità relazionali. Percorsi per sviluppare l’intelligenza sociale ed emotiva dovrebbero caratterizzare la formazione e l’aggiornamento di ogni istruttore/educatore. Del resto il calcio non è solo uno sport, ma anche un’esperienza formativa per tutti i ragazzi!”.

Ambrogio Baj

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