Alessio Rovera è campione del mondo con la Ferrari. La frase che un tempo sarebbe stata dipinta solo come un sogno è più reale che mai e, soprattutto, lo è per la seconda volta consecutiva. Sì, perché il pilota varesino classe ’95 si è ripetuto anche quest’anno in classe LMP2 Pro-Am (bissando il successo della scorsa stagione in GTE AM) portando, insieme a Nicklas Nielsen e François Perrodo, la Oreca 07 motorizzata Gibson del team AF Corse nell’olimpo.

Il World Endurance Championship continua a parlare varesino: classe, calma, eleganza, guida pulita e ferrea volontà sono gli ingredienti del successo. Qualità che Rovera sta imparando a sfruttare al meglio per tentare, perché no, il grande salto in Hypercar: otto piloti ufficiali Ferrari per sei posti, sognare non costa nulla perché, lo sappiamo, i sogni si possono realizzare.

“Sono felice del titolo – commenta Alessio Rovera con un sorriso – anche se in stagione abbiamo vissuto tanti alti e bassi e questo non mi lascia soddisfatto al 100%; starei più sul 90%, con il rimpianto di non aver vinto l’European Le Mans Series. Sono arrivate comunque due pole position assolute e, con un’auto nuova per team e piloti, vincere il mondiale non è mai scontato”.

Dalla GTE alla LMP2 cosa cambia?
“Sono vetture diverse che implicano uno stile di guida differente. Il prototipo pesa meno rispetto alla GTE, passiamo da oltre 1300kg a 950kg, e c’è un maggior carico aerodinamico che ti consente di avere velocità minime elevate in curva; al volante di una GTE puoi permetterti una guida più sporca, ma sono entrambe due vetture molto belle e soddisfacenti da guidare. Come mi sono trovato? Nel corso della stagione io e gli altri piloti siamo passati spesso da un modello all’altro e ci siamo sempre adattati velocemente: bastano un paio di giri per prendere confidenza e il gioco è fatto. Sinceramente non saprei scegliere quale delle due preferisco, mi sono sempre trovato bene con entrambe”.

Da Le Mans a Le Mans. Visto che parlavi di alti e bassi, diciamo che quest’anno, dopo la vittoria della scorsa stagione, hai vissuto l’inferno della 24Ore…
“Diciamo di sì (sorride amaramente, ndr). L’anno scorso è andato tutto alla perfezione e non abbiamo sbagliato nulla; quest’anno è successo l’esatto opposto. Abbiamo avuto dei problemi meccanici, siamo stati sfortunati e non sono mancati i nostri errori. È senza dubbio stata la gara peggiore della stagione, nonché la più difficile perché non avevamo proprio il passo: sono state 24Ore di sofferenza…”.

Paradossalmente, anche la tua Monza ti ha tradito quest’anno…
“L’estate è girata perlopiù male e quel periodo è stato il basso più assoluto: speravo di vivere i due weekend di inizio luglio a Monza in maniera diversa. In ELMS abbiamo avuto un problema al sensore dell’acceleratore mentre eravamo in testa e lì si sono volatilizzati punti importantissimi; nel WEC una penalità dopo un contatto ci ha fatto perdere parecchie posizioni”.

È stato proprio a Monza, secondo te, che avete perso l’ELMS?
“In parte sì e in parte no. Abbiamo capito tardi come sfruttare al massimo il potenziale della nostra vettura, ma vanno fatti i complimenti ai piloti del Racing Team Turkey che si sono dimostrati leggermente più preparati a livello tecnico”.

L’estate ha comunque avuto un picco altissimo, preludio al riscatto nel WEC; parliamo ovviamente della 24Ore di Spa.
“Esatto. Nel corso di una stagione non ci sono solo il WEC o l’ELMS, ma Ferrari decide, a seconda delle esigenze, dove mandare i propri piloti. In occasione della 24Ore di Spa, appuntamento valido per l’Intercontinental GT Challenge, ho vinto nella mia categoria insieme ad Andrea Bertolini, Stefano Constantini e Louis Machiels: per me è stata una bella boccata d’aria fresca, oltre che una soddisfazione immensa perché Spa è il circuito più bello in assoluto e la 24Ore in Belgio è una corsa molto più dura della 24Ore di Le Mans”.

Da lì, come dicevamo, il riscatto anche nel WEC.
“Dopo aver vinto le prime due gare, Le Mans e Monza ci avevano un po’ demoralizzato: a inizio stagione sapevamo di essere i favoriti e al Fuji eravamo di fatto costretti a vincere. Il weekend è andato per il meglio: fin dalle prove abbiamo subito trovato l’assetto giusto e siamo andati molto più forte degli altri. Tornare alla vittoria è stato importantissimo soprattutto per il morale”.

E poi, dulcis in fundo, il trionfo in Bahrain.
“Sì, anche se la gara è stata più complicata rispetto alla 6 Ore del Fuji. Sia nelle libere sia in qualifica siamo sempre stati una spanna avanti agli altri, ma in gara ci hanno dato del filo da torcere soprattutto i piloti del team portoghese che era in lotta con noi per il titolo: evidentemente hanno apportato qualche modifica di setup che li ha portati ad essere competitivi in particolar modo in notturna. Alla fine, però, siamo stati bravi a portare a casa la vittoria”.

In passato avevamo parlato della difficoltà nel gestire la vettura con altri piloti: com’è andato quest’anno il feeling con Nielsen e Perrodo?
“Rispetto allo scorso anno io e Nielsen non abbiamo avuto difficoltà, anche perché il nostro stile di guida è simile. Perrodo è invece un pilota Bronze e per lui un prototipo è più difficile da portare al limite. La decisione condivisa da tutto il team è stata pertanto quella di mettere a punto un’auto più confortevole, meno al limite, che gli consentiva di essere più veloce: quello che guadagnava lui rispetto agli altri piloti Bronze era di gran lunga superiore a ciò che perdevamo io e Nielsen non potendo spingere al massimo. Forse abbiamo capito questa cosa un po’ troppo tardi, altrimenti anche in ELMS avremmo potuto dire la nostra; resta il fatto che il feeling tra di noi è davvero ottimo e sono felice di aver vinto con loro il WEC”.

Fino all’anno scorso potevi ancora essere definito una sorpresa; adesso, invece, Alessio Rovera è una certezza. Che effetto fa guardarsi alle spalle e dire per l’ennesima volta: “Ce l’ho fatta!”?
“È sicuramente una bella soddisfazione e ne sono davvero felice. Come ho detto prima, mi sono goduto di più l’anno scorso, ma credo di essermi messo in luce anche in questa stagione dimostrando il mio valore e quello del team, anche perché senza un’ottima macchina non vai da nessuna parte. So, comunque, di dover migliorare ancora tanto soprattutto nella gestione delle gomme; aver vinto nuovamente il Mondiale con la Ferrari vuol dire tantissimo. Dedica? Come sempre le mie vittorie vanno a papà Sergio, mamma Elena, alla mia fidanzata Serena e a tutte le persone che mi sostengono da sempre”.

E l’anno prossimo?
“Di sicuro il rapporto con Ferrari continua e nel prossimo weekend chiuderemo l’Intercontinental GT Challeng con la 12Ore di Abu Dhabi. La speranza è di andare in Hypercar, ma quello dipende dalla Ferrari: se si presenterà l’occasione risponderò presente. A prescindere da questo, comunque, mi aspetto un 2023 di livello”.

Matteo Carraro

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