La storia di Monica Ballerio è un bellissimo spot per chiunque voglia provare a fare il grande salto e tuffarsi nel calcio a 11: dopo una vita passata sui campi a sette del CSI, ecco la scelta, quasi casuale, di cimentarsi con un nuovo mondo e il Città di Varese femminile ha accolto a braccia aperte nella sua famiglia la classe ’95.

Ballerio ha ricambiato la fiducia biancorossa inserendosi subito nel gruppo per poi dimostrare di essere all’altezza di una categoria competitiva come l’Eccellenza, conquistandosi un posto da titolare nello scacchiere tattico di mister Bottarelli. Terzina di spinta o terza di difesa non fa differenza: in ogni ruolo basta profondere tutta la propria determinazione e, nel suo caso, ce n’è da vendere.

A proposito di difesa biancorossa, nell’ultima giornata di campionato, il Varese ha raccolto il suo primo clean sheet stagionale nel 5-0 sul Vighignolo: protagonista nel primo tempo, la classe ‘95 è stata costretta al cambio all’intervallo per un risentimento alla gamba. “Potevamo fare sicuramente meglio nel primo tempo – commenta Ballerio – e, per quanto sia bello non aver preso gol, dovevamo fare di più. Nella ripresa, che purtroppo ho vissuto da fuori, ci siamo riprese e l’abbiamo incanalata sui giusti binari. Dobbiamo migliorare tanto, è ovvio, ma siamo una bella squadra che ha ampi margini di crescita e nelle prossime partite dovremo dimostrarlo”.

Procediamo però con ordine: da dove nasce la tua passione per il calcio?
“Ho iniziato a giocare fin da piccola con i miei cugini, finché all’età di otto anni mia madre mi chiese se volessi provare ad andare in una squadra vera e propria. All’epoca non esistevano squadre giovanili dedicate solo al femminile, per cui iniziai in un gruppo misto alla Polisportiva Azzate. Nel 2007 partecipai ad un torneo di calcio a undici al Franco Ossola, tra l’altro in quell’occasione venni anche intervistata (sorride, ndr), e un mister del Varese scelse di prendermi. Tuttavia fu Maurizio Baruffato ad avere la meglio e il mister, una persona che ringrazio perché mi ha fatto crescere tanto, mi volle con lui a tutti i costi al Galliate Lombardo: da lì è iniziata una bellissima avventura sui campi del CSI con quella che è tuttora una famiglia”

Da sette a undici: com’è nato il passaggio al Varese?
“Diciamo che è stata la mia rivincita del 2007. Volevo provare il calcio vero, buttarmi in una squadra a undici e, tramite mio zio Marco, lo scorso luglio mi sono proposta al Città di Varese. Ho scoperto una nuova dimensione, completamente diversa da quella cui ero abituata: in poche parole ciò che avevo imparato fino a quel momento non mi è servito a nulla (ride, ndr). La fortuna è stata quella di trovare un gruppo di ragazze davvero speciali, un ambiente che sa coccolarti in ogni piccola cosa e un mister preparato con cui si può dialogare tranquillamente”.

A proposito del mister, sei d’accordo con la sua definizione: “Le donne non giocano per soldi”?
“Verissimo. Le ragazze giocano esclusivamente per passione. Ognuna di noi, al di fuori dal campo, ha i suoi problemi di lavoro, di scuola e chi più ne ha più ne metta; il calcio è la nostra valvola di sfogo. Qui a Varese, in un ambiente familiare e passionale, è ancor più bello trovarsi a fine giornata per dedicarsi con impegno ad ogni allenamento e concluderlo con un gran sorriso. Il mister, poi, ci sa fare davvero e l’ottimo lavoro fatto a livello psicologico gli consente di tenere altissimo il morale di tutto il gruppo”. 

Sei soddisfatta della tua crescita personale fin qui?
“Direi proprio di sì, anche perché sento sempre meno la differenza tra ciò che faccio ora e il calcio cui ero abituata. A setti giochi 50’ su un campo più piccolo; a undici ne fai 90’ su un campo più grande e, inevitabilmente, cambia sia la metodologia di allenamento sia la preparazione sia l’intensità. Di certo, però, ho fatto tanti passi in avanti: sono cresciuta a livello fisico, curo molto di più l’alimentazione, e ho notevolmente ampliato la mia visione di gioco. L’intesa tattica con le mie compagne di reparto migliora sempre più, ma tutte noi siamo ben consapevoli di dover crescere ancora tanto”.

Vita privata. Come concili la tua quotidianità con il calcio?
“Credo di poter dire senza dubbio che il calcio ormai fa parte della mia quotidianità. Lavoro nel campo dell’ottica e archiviata la mia giornata mi tuffo nel campo verde per allenarmi con impegno e passione. Sono sempre stata amante dello sport: all’epoca della scuola ho fatto nuoto, e tutt’ora mi piace, mentre la ginnastica artistica non era proprio il mio forte e l’ho abbandonata per passare all’equitazione, anche se ormai è da parecchio che non vado a cavallo. Fidanzato? Per il momento no: diciamo che ho meno distrazioni (ride, ndr)”.

A chi vuoi dire “grazie” per quello che è stato il tuo percorso calcistico fin qui?
“Sicuramente ai miei genitori: mamma Nadia e papà Mario mi sostengono sempre e mi aiutano a superare ogni difficoltà, ma una grande grazie va anche a mio zio Marco e mio cugino Luca perché con loro, entrambi tifosissimi da sempre del Varese, ho viaggiato per tutta Italia seguendo la squadra. I ricordi più belli? Sicuramente la trasferta all’Olimpico di Roma in Coppa Italia contro la Lazio, ma l’emozione più grande la ricordo in occasione del passaggio in Serie B: tra l’invasione di campo al fischio finale e il tornare a casa sventolando la bandiera biancorossa fuori dal finestrino è stata una giornata davvero unica”.

E adesso che all’Ossola ci hai giocato con la maglia biancorossa che effetto ti fa?
“Ritrovarmi dalle tribune al campo è stata un’emozione indescrivibile. Ho sempre vissuto lo stadio da bambina e sognavo un giorno di poter entrare da protagonista su quel rettangolo verde: è successo e posso dire senza timore di aver realizzato uno dei miei sogni più grandi”.

C’è un giocatore cui ti ispiri?
“Da milanista sfegatata ho sempre avuto come idolo Kakà. Lo reputo un esempio formidabile non solo in qualità di giocatore, ma soprattutto come persona. Andando più sul mio ruolo, mi piace tantissimo Theo Hernandez: è il nuovo giocatore perché rappresenta al meglio quella mentalità propria del calcio moderno”.

Chiudiamo con l’inevitabile domanda sugli obiettivi: qual è il traguardo che vuoi tagliare a livello personale e di squadra?
“Personalmente voglio solo migliorare sempre di più perché non si smette mai di imparare; crescendo, di conseguenza, spero di essere riconfermata e di ripetermi l’anno prossimo. Sulla squadra sono d’accordo con ciò che ha detto mister Bottarelli: il calcio è 80% mentalità e l’intelligenza tattica fa la differenza. Siamo cresciute tanto, la differenza tra le prime partite e l’attuale momento lo dimostra, ma non possiamo permetterci il lusso di adagiarci sugli allori: solo così potremo giocarcela alla pari con tutte e, perché no, risalire di qualche posizione. Vogliamo chiudere il campionato in crescendo e arrivare all’inizio della prossima stagione con rinnovata consapevolezza e obiettivi più ambiziosi”.

Matteo Carraro

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui