Continua il nostro viaggio alla scoperta delle arti marziali, ma questa volta fa tappa a Cugliate Fabiasco al Budokan Tre Valli, dove il Maestro FIJLKAM, Silvio Pfhurter, cintura nera al quinto dan, ci svela gli aspetti sportivi, ludici, filosofici ed educativi del Judo, oltre ad esprimere delle proprie opinioni sia in merito a ciò che caratterizza la nota e diffusa arte marziali nipponica, sia ai possibili traguardi che i judoka italiani potrebbero raggiungere a queste Olimpiadi ormai alle porte.

Come si avvicinò al Judo?
“Il mio approccio avvenne per merito di mio padre, Istruttore di Judo FIJLKAM, che mi portava sempre con lui in palestra: sono cresciuto sul tatami. Da bambino concepivo il Judo come un divertimento. In seguito, diventando un judoka agonista, andavo cercando la massima prestazione e, infine, da Maestro, in base all’ età dei miei allievi, tento di trasmetterne la filosofia, i principi morali ed anche l’aspetto ludico-ricreativo. Detto ciò e a seguito della mia esperienza, ritengo che il Judo, anche per gli agonisti, dovrebbe sempre rimanere un divertimento, e comunque una disciplina o attività piacevole da praticare”.

Per voi del Budokan Tre Valli, cosa rappresentano i traguardi raggiunti dagli agonisti?
“I nostri traguardi partono dal lontano 1976 e da allora, rappresentano l’evoluzione dell’insegnamento della nostra scuola, da più punti di vista: tecnico, fisico, morale e del benessere psichico. I nostri ragazzi partecipano ai campionati regionali, ottenendo buoni piazzamenti, quali un primo posto dell’anno scorso, mentre quest’anno ben due atlete si sono qualificate ai campionati italiani nella categoria Esordienti B, tenutisi ad Olbia”.

Secondo lei, cosa caratterizza il Judo rispetto alle altre arti marziali giapponesi?
“Il contatto fisico sia in piedi sia a terra, i principi educativi di rispetto nei confronti della palestra o dojo, verso il Maestro, i compagni di allenamento e anche verso tutti gli individui della società al dì fuori, oltre al valore morale della crescita collettiva anche nella vita quotidiana”.

Cosa sono per voi i randori e gli shiai?
“I randori sono le applicazioni delle tecniche imparate a lezione nei combattimenti in allenamento, mentre gli shiai, i combattimenti in gara, per gli agonisti hanno lo scopo di raggiungere un traguardo e sono una verifica di tutto ciò che hanno appreso durante le fasi di preparazione”.

Cosa rappresenta il katà?
“Il katà rappresenta la storia e i principi fondamentali del Judo. Io svolgo anche delle competizioni di katà e insieme alla mia compagna di allenamento siamo la terza coppia più valida di tutta la Lombardia; svolgiamo il Ju no katà, noto come il katà della flessibilità. Stiamo insegnando il katà al gruppo di allievi che dovrà sostenere l’esame per il conseguimento della cintura nera, nel quale ne è richiesta la dimostrazione”.

Come vede la nazionale italiana di Judo a Parigi 2024?
“Prevedo dei buoni risultati sia per gli uomini che per le donne, per merito dei tecnici della nazionale italiana che si sono impegnati molto nella preparazione degli atleti azzurri. Le nazioni che potranno emergere sono: Giappone, Francia, Georgia, Kazakistan, Uzbekistan e Brasile”.

Obiettivi futuri?
“Continuare l’impegno nel far conoscere le qualità educative della pratica del judo. Infine con gli agonisti, intendiamo continuare la partecipazione ai campionati italiani, formando anche un gruppo di cinture nere e dando la possibilità alle categorie giovanili di terminare il loro percorso judoistico qui da noi”.

Nabil Morcos

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