Ricordare. Ricordare per non dimenticare. Ricordare perchè è giusto farlo. Ricordare perchè non potrà mai essere abbastanza. Ricordare per far sì che non accada mai più. Ricordare, perchè la memoria è lo strumento più forte che abbiamo per sconfiggere un male troppo forte, ancora dopo oltre 70 anni.

Ricordare nel Giorno della Memoria tutte le vittime dell’Olocausto, quei 14 milioni di essere umani uccisi barbaramente da un sistema, quello Nazista, programmatico, scientifico, che aveva studiato a tavolino il modo con cui eliminare un popolo intero e chiunque non fosse considerato degno di vivere, ergendosi a Dio in terra.

Ma non solo.

Il Giorno della Memoria che cade oggi, sabato 27 gennaio, è fatto anche per ricordare chi, eroicamente, nel sistemo del terrore instaurato in Europa dal Nazifascismo ha deciso di opporsi, di fare qualcosa per salvare altre vite umane e di storie così per fortuna ce ne sono, anche nello sport.

E’ il caso di Jan Kasper Klein.

Jan Klein nasce in Olanda l’8 giugno 1912, lavora a lungo come insegnante di ginnastica alla Technische Hogeschool di Delft. Jan aveva un caro amico, Bob Denneboom, un ragazzo ebreo, con cui Jan condivideva l’amore per lo sport, per il nuoto ed in particolare per i tuffi.

Quando la Germania Nazista invade i Paesi Bassi, Bob è costretto a nascondersi nel suo cottage Egmond-Binnen, nell’Olanda settentrionale. Quando la regione costiera fu evacuata, Denneboom abbandonò il suo nascondiglio e il 1° gennaio 1943 andò a vivere con Jan Klein. A quel tempo Klein condivideva già la casa con il suo amico Mischa Elkan, un ebreo lettone trasferitosi ad Amsterdam all’età di 19 anni. In qualche modo Mischa riuscì a convincere i tedeschi che solo due dei suoi nonni erano ebrei, il che gli permise di evitare la deportazione e di muoversi liberamente.

Mentre i tedeschi intensificavano la deportazione degli ebrei olandesi, Jan e Mischa accolsero gradualmente l’intera famiglia di Bob Denneboom: i suoi genitori, la sorella, il cognato e i suoi parenti. Infine, nella piccola casa a tre piani, che aveva uno speciale nascondiglio sotto il tetto, vivevano 17 ebrei.

Per alleviare il sovraffollamento, quattro o cinque rifugiati alloggiavano occasionalmente con la madre di Jan, la signora C. Klein-Manherst, nella sua casa, nella zona bombardata dell’Aia. La casa di Jan era situata in una zona tranquilla della città. Se qualcuno veniva a trovarli, i fuggitivi dovevano stare assolutamente tranquilli. Per fugare i sospetti che delle persone fossero nascoste in casa, Jan disse ai vicini di possedere una fabbrica di pangrattato, anche per mitigare e nascondere i viaggi con le pagnotte di pane che faceva per portare da mangiare a Bob ed alla sua famiglia.

Il 16 febbraio 1944, però, i tedeschi fecero irruzione in entrambe le abitazioni della famiglia Klein. Tutti furono arrestati, inclusi Jan, la signora Klein e Mischa Elkan. Solo Bob Denneboom riuscì a scappare. Delle 19 persone arrestate, solo cinque sopravvissero ai campi di concentramento e sterminio. I genitori di Bob – Joel Denneboom e Deborah Denneboom-Gazan , la sorella Marianne Visschoonmaker-Denneboom e il cognato Philip Visschoonmaker furono assassinati ad Auschwitz. L’amico di Bob, Siemon Vos, fu assasinato in Germania

Jan Kasper Klei, fu deportato a Dachau, dove visse in prima persona gli orrori dei campi di sterminio ma fortunatamente, lui, come la signora Klein, che fu deportata nel campo di Vught, sopravvissero. Degli ebrei, solo tre tornarono vivi: Mischa, immigrato in Israele dopo la guerra; Roza Vos-Rijksman, che in seguito sposò Bob Denneboom; e un altro lontano parente di Bob. Dopo la guerra Jan tornò a lavorare come insegnante di ginnastica e il 28 maggio 1974 lo Yad Vashem ha riconosciuto Jan Kasper Klein Giusto tra le Nazioni .

La storia di Jan dimostra come forse nel momento più buio della storia dell’umanità, il coraggio, il non voltarsi dall’altra parte, abbiano potuto salvare delle vite, anche a costo di perdere la propria e ci piace pensare che lui e Bob, dopo la guerra, si siano ritrovati per tuffarsi di nuovo insieme, in acqua come in una nuova vita, che nemmeno la follia nazista è riuscita a togliergli.

Alessandro Burin
Per la parte storiografica e foto, sito Yad Vashem

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