Ci immergiamo nuovamente nella galassia della nota e diffusa arte marziale nipponica, in cui il Maestro Perego Ranieri, più volte campione regionale e referente della FIJLKAM, ne illustra più in dettaglio alcune tecniche, il risvolto in ambito di difesa personale, e  presenta anche i suoi judoka agonisti.

Come si avvicinò al Judo?
“Il mio approccio con questo sport avvenne all’età di tredici anni, mentre praticavo il basket, per il fatto che avrei dovuto accompagnare degli amici in palestra e iniziai a praticarlo presso la Pro Patria Judo Busto Arsizio. In precedenza, provai anche il nuoto e giocai anche a football americano, ma del Judo apprezzai in particolare l’etica relativa al rispetto, che possiamo notare nel saluto, che si esegue sia all’ inizio che al termine delle lezioni e dei combattimenti, la possibilità di potersi confrontare con persone di tutte le diverse caratteristiche fisiche e trovai molto interessante anche il fatto che in gara vi siano le diverse categorie di peso, sia maschili che femminili. Nel complesso, ritengo che il Judo sia occasione e possibilità di confronto con gli altri, anche per i bambini”.

Insegnate un Judo più tradizionale o uno più sportivo?
“Personalmente non condivido la distinzione tra Judo tradizionale e Judo sportivo, perché il Judo è un’arte marziale singola e unica, e noi  insegnandolo, lo adattiamo anche all’agonismo. In passato sono stato un judoka agonista e ho ottenuto dei buoni risultati a livello regionale e nazionale; ho vinto un po’ di volte i Campionati Regionali e anche una medaglia di bronzo in Coppa Italia. Il Judo comprende anche un’attività interna di coordinazione motoria e di psicomotricità. Recentemente, anche nel Karate, per le cinture di alti livelli, come le marroni, sono state inserite delle tecniche di caduta, provenienti sia dal Judo che dal Jiu-Jitsu”.

Quali sono gli scopi degli strangolamenti e delle spazzate?
“Gli strangolamenti o soffocamenti sono delle tecniche ammesse solo nella lotta a terra, in cui è possibile immobilizzare l’avversario o effettuargli una leva articolare, ma solo ai gomiti, al fine di costringerlo alla resa e di vincere l’incontro. Al judoka che subisce il soffocamento è bloccata la respirazione e in gara lo si costringe ad arrendersi, o a fargli battere la resa, affinchè egli conceda la vittoria al suo avversario. Gli strangolamenti non sono ammessi nella lotta in piedi, perché altrimenti si rischierebbe di far male seriamente al contendente. Nel katà, o lavoro in coppia per la difesa personale, lo scopo delle leve e quello di condurre a terra l’avversario. Le spazzate sono delle tecniche che servono per cogliere l’avversario nel momento in cui sposta il baricentro del suo peso, allo scopo di fargli perdere l’equilibrio e poi cadere. Nel Judo tutte le tecniche sono basate sui cambi di equilibrio”.

Il Judo prevede l’uso di armi?
“Sì, nei katà della difesa personale, come il Kodokan goshin-jutsu e il Kime-no-katà, di livello superiore, che si tratta del combattimento reale, nei quali si imparano le tecniche difensive, ma esclusivamente in caso di aggressione con delle armi. Nel Judo, i katà includono sia delle tecniche d’ attacco a mano nuda che altre a mano armata. Il Kime-no-katà include la katana o spada giapponese, pugnale e coltello. Nel Kodokan goshin-jutsu si impiegano la pistola, il coltello e il bastone; lo scopo generale è quello di difendersi dagli eventuali attacchi frontali e laterali e anche quello di disarmare l’avversario o aggressore. L’universo della difesa personale, nel Judo, comprende le tecniche di tutte le altre arti marziali, ed è nota come MGA, una parte della FIJLKAM che se ne occupa. Credo che si dovrebbe ricorrere alle tecniche di difesa personale solo in caso di emergenti aggressioni, a mano nuda o armata. Alle forze dell’ordine e agli agenti di pubblica sicurezza sono insegnate anche delle tecniche di ammanettamento. Negli shiai o combattimenti in gara di Judo, non è ammesso l’uso di armi e non sono previste le tecniche di pugno e calcio, a causa della loro pericolosità e anche per il senso del Judo come sistema di lotta”.

Qual è il significato del katà nel Judo?
“Tutti i katà, codificati da Jigoro Kano, fondatore del Judo, sono esercizi che si svolgono in coppia. Per i judoka amatoriali, i katà sono utili a conoscerlo nella sua integrità e completezza, anche a livello fisico ed educativo. I Randori-no-katà sono fondamentali soprattutto per imparare ad eseguire sia le tecniche di lotta in piedi, che quelle di lotta a terra. Nel Judo è essenziale soprattutto il principio del contatto fisico”.

Al Judo Club Castellanza, avete dei judoka agonisti?
“Sì. Sia uomini che donne. Alessia Tedeschi, cintura nera, ha vinto i Campionati Italiani Juniores, Angelica Della Corte, cintura nera e aspirante allenatrice, ha raggiunto il secondo e terzo posto nei Campionati Italiani Juniores, è arrivata terza ai Campionati Italiani Under 23, e ha ottenuto il terzo posto anche in Coppa Italia. Matteo Montorfano, cintura nera ed aspirante allenatore, ha raggiunto il terzo posto al Grand Prix Umbria, ed è arrivato terzo al Grand Prix Torino 2023. Francesco D’ Alessandro, cintura nera e aspirante allenatore, è arrivato terzo in Coppa Italia Under 36, secondo al Torneo Città di Como, e partecipa anche a delle gare nazionali e internazionali. Alle gare, partecipano anche i ragazzini di dodici, tredici e quattordici anni, della nostra Categoria Esordienti, ma solo le cinture a partire dalla verde fino alla marrone. Le cinture precedenti alla verde, per ragioni di sicurezza, partecipano solo a dei tornei, ma non ancora alle gare. Di solito organizziamo dei tornei riservati alle categorie di pre-agonistica, ai quali partecipano moltissimi ragazzini della nostra provincia, divisi per peso, cinture e genere, nei quali si svolgono dei brevissimi combattimenti; li consideriamo più delle manifestazioni, nelle quali alla fine ricevono tutti lo stesso premio. Il Judo è crescita tutti insieme, nell’ insegna del rispetto reciproco”.

Nabil Morcos

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