Quando il giorno del raduno Roberto Bonazzi presentò il suo credo calcistico, il piano era già piuttosto chiaro: “Voglio una squadra che sappia recuperare palla alta, con centrocampisti tosti, due centrali difensivi atletici e terzini che spingano” (ok, magari il virgolettato non era esattamente quello ma il senso è rispettato fedelmente). Un manifesto ideologico che lascerebbe il tempo trovato se non fosse che il passo dalla teoria alla pratica si è concretizzato in poco più di due settimane. E la riprova si è avuta anche sabato a Casorate dove, contro la Grumellese, il “Bonazzi-pensiero” (almeno nel primo tempo) ha avuto puntuale applicazione. Linea difensiva avversaria aggredita sul primo giro palla, mediani di sostanza (soprattutto Pedone), centrali con centimetri (anche se ancora macchinosi) ed esterni con la freccia sempre accesa. Manca qualcosa? Beh, ci sarebbe anche l’attacco ma lì, con uno come Marito Santana, l’ipotesi di reato è l’eccesso di legittima offesa.

Già perché (senza girarci intorno), la sensazione avvertita in queste prime uscite pre-stagionali è stata quella di una superiorità evidente. Anche con avversari di pari categoria. A testimonianza di un gruppo che ha già una spiccata identità. Cose che succedono quando l’allenatore è in perfetta sintonia con il DS che l’ha scelto (e, per sillogismo, con il DG che ha selezionato il Direttore Sportivo). Banalità da abc del calcio. Peraltro ignote a Busto nella passata stagione.

Ma quanto visto in questi primi 20 giorni di preparazione, suscita un’ulteriore riflessione. Al netto dei 3/4 pezzi ancora mancanti, la Pro Patria attuale è evidentemente una squadra pensata per la Serie D. Dall’assortimento degli under allo status di gran parte dei giocatori che ne compongono la rosa. Come dire che (al di là di ricorsi e suggestioni), il destino era già chiarissimo per chi l’ha costruita.

Giovanni Castiglioni