Christian come il “Liga”: urlando contro il cielo. Per rabbia, per desiderio di rivincita, per orgoglio o semplicemente perché, dai, il Varese non può essere ridotto così.
Christian Terlizzi nel cuore ha, da anni, Ligabue ma da poche settimane il suo muscolo cardiaco ha trovato spazio anche per il Varese, nuova avventura professionale di una carriera già lunga, bella e soddisfacente.

Il difensore romano alle pendici del Sacro Monte da poche settimane è ai blocchi di partenza, pronto a scattare per trovare la collocazione adeguata.
“Di Varese, del Varese e della vostra realtà devo ancora capire tante cose ma,  di una cosa sono arcisicuro: questa è una buona squadra che deve porsi un obiettivo di carattere soprattutto mentale. Cancellare in fretta il passato. Siamo partiti circondati da scetticismo ingiustificato, respirando critiche gratuite e, spesso, lamentele esagerate. In tanti anni passati sul campo ho imparato che i confronti con il passato non solo non servono, ma spesso sono addirittura dannosi perché lo sport è per antonomasia: qui e ora. Contano solo i risultati di oggi ed è giusto che una squadra sia giudicata solo per quello produce”.

Risposta saggia e consapevole che innesca subito la domanda: come dev'essere giudicato, oggi, il Varese? In altri termini: quali sono le note positive e quelle negative?
“Parto da queste ultime perché dal mio punto di vista credo che, tutti insieme, si sia commesso un solo errore: pensare che dopo il discreto avvio, vedi i pareggi ottenuti contro Bari e Crotone, fosse tutto facile. Nel gruppo c'è stato un inconscio rilassamento cui sono inevitabilmente seguiti gli schiaffoni contro Torino e Livorno. Stop che, in realtà, hanno creato scompiglio più all'esterno che all'interno del nostro gruppo.
Ecco, dunque, le voci malevoli e senza senso che hanno coinvolto mister Carbone e noi giocatori. Invece, passo agli spunti positivi, questo è davvero un nucleo eccellente con una buona chimica tra giovani di talento, giocatori esperti, elementi che vogliono arrivare e altri che desiderano consolidarsi ad alto livello. A costo di passare per presuntuoso dico che questo Varese ha tutte le carte in regola per essere più forte e completo di quello visto lo scorso anno”.

Un gruppo che ti chiede di essere qualcosa di più, qualcosa che va oltre il riduttivo ruolo di centrale difensivo
“Sono a Varese anche e soprattutto per questa ragione e spinto dalla ferma volontà di occupare al 101% una posizione importante dentro e fuori dal campo. Dirigenti e mister mi hanno affidato questo mandato a chiare lettere ed io, possedendo qualità, esperienza, carattere e personalità, ne sono più che orgoglioso. Nelle difficoltà poi mi esalto e sono capace di tirare fuori il meglio di me stesso cercando di essere d'aiuto a mister e compagni”. 

Come vivi questa versione “update” della tua carriera?
“Ti dirò: con molto entusiasmo. Da un lato avere un contatto e un dialogo continuo con l'allenatore è stimolante. Ci parliamo con estrema chiarezza aiutati dalla consapevolezza che un rapporto del genere può offrire tanto ad entrambi e alla squadra. Carbone, che è un tecnico giovane, ma molto preparato avendo vissuto calcio ad altissimo livello per vent'anni, mi coinvolge in diversi aspetti del lavoro ed io, se posso, se lui lo ritiene utile, sono ben felice di collaborare. Ai compagni invece, in particolare a quelli più giovani, so di poter dare qualche consiglio su come devono comportarsi per provare a costruire al meglio la loro “storia” di calciatori. Credo di poterlo fare perché, pur avendo alle spalle una buona carriera, sono arrivato un po' tardi a comprendere alcune mie manchevolezze, chiamali peccatucci di gioventù, senza i quali, probabilmente, avrei potuto fare parecchio di più.  Insomma, a 32 anni, seppur con serenità mi trascino qualche piccolo rimpianto ed ora mi piacerebbe che alcuni ragazzi che mi circondano, e hanno notevoli qualità, non si trovassero a vivere la mia situazione”.

Torniamo al calcio giocato: sabato contro l'Albinoleffe, in un classico match da “vivere o morire”, non potrete più sbagliare…
“Non possiamo sbagliare la prestazione. Poi, si sa, il risultato finale è spesso una componente incontrollabile. Che non dipende da come hai giocato. Però, entrare in campo e giocare al top per agonismo, cattiveria, intensità e mentalità, rappresenta già un bella garanzia. Dovremo interpretare la gara come se fosse quella della vita. Noi, dovremo riversare sul prato di Masnago tutte queste cose e, ne sono sicuro, prestazione e risultato verranno da soli “.

E poi tutti a centrocampo a urlare contro il cielo. Questa volta per la gioia!

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