E’ ormai palese che il COVID-19 non è solo un’emergenza sanitaria ma anche economica! Sta trascinando molti settori del nostro Paese in un vortice che sta inghiottendo svariati comparti, alcuni più evidenziati mediaticamente (vedi per esempio il turismo) ed altri meno esposti ma non per questo “immuni” dalla crisi. Tra questi ultimi il settore cosiddetto del “fitness”, delle palestre private per intenderci, entrate da tempo nelle sane abitudini di vita  di gran parte di noi.

In provincia di Varese sono molte centinaia gli addetti (istruttori, personal trainer, impiegati amministrativi, addetti alle pulizie, ecc.) che a causa delle “indicazioni” governative hanno deposto pesi e bilancieri, fermato macchinari e piscine. Tutto questo almeno fino al 3 aprile, data fissata dal provvedimento governativo del 4 marzo e valida per la nostra Regione, per il Veneto e per la Provincia di Piacenza. Abbiamo parlato di questa drammatica situazione con Gabriele Ciavarella, nella sua doppia veste di operatore del settore, in quanto titolare di uno dei centri più noti della città di Varese (il LIFE di via Sanvito Silvestro) e di presidente di Welfare AIME. Dietro questo ultimo acronimo vi è l’Associazione Imprenditori Europei che ha tra i propri obiettivi quello di riconoscere, aggregare e sostenere le eccellenze imprenditoriali.

LIfeAllora Ciavarella, oggi è il momento del sostegno?
“Proprio così! Oggi la contingenza mi ha portato a farmi portavoce, attraverso AIME, di quella che posso definire la situazione di assoluta difficoltà che vivono le cosiddette ‘imprese del benessere’. Ho voluto chiamare a raccolta gli imprenditori del nostro territorio (ad ora sono una trentina) colpiti dal provvedimento di chiusura che, lo voglio dire chiaramente, ritengono assolutamente legittimo per la tutela del bene della collettività: la salute! Detto questo, specifico che noi non facciamo parte delle attività sportive agonistiche, per le quali sono state emanate indicazioni meno restrittive, come le cosiddette ‘porte chiuse’, valide per le competizioni e gli allenamenti; al contrario siamo stati catalogati quali ‘attività ludiche’ con l’obbligo di chiusura totale. Mi permetto di dire che i nostri centri per definizione sono e devono essere curati e mantenuti nella totale pulizia e disinfezione, mi sarei aspettato da parte delle autorità politiche (e mediche) un confronto, così come fatto con le altre realtà sportive oggetto del provvedimento. Aggiungo, a titolo assolutamente personale che trovo un po’ bizzarro chiudere totalmente le palestre e non usare lo stesso metro di intervento per altre attività aperte al pubblico e quindi esposte nello stesso modo al rischio…”.

Quali sono quindi praticamente le iniziative che volete mettere in atto?
“Sto raccogliendo l’adesione di un numero sempre maggiore di colleghi imprenditori del settore, al fine di non muoverci in ordine sparso ma di rappresentare in modo univoco le nostre difficoltà. Come è del tutto evidente a fronte della totale chiusura dei centri vi è la mancanza di introiti, ai quali però di contro continuano a corrispondere le uscite: affitti, costi delle utenze, ecc.. Per non dire degli addetti che per la maggior parte sono in regime di partita IVA e si trovano ora senza lavoro e senza la prospettiva di quegli ammortizzatori sociali previsti per altre categorie di lavoratori, e stiamo parlando di centinaia di persone, di famiglie. Vogliamo portare la nostra voce e le nostre idee, penso per esempio a una sorta di moratoria per gli affitti che non penalizzi i proprietari degli immobili che potrebbero ricevere dal Governo delle moratorie fiscali. Lo stesso vale per le utenze che per noi hanno una incidenza molto significativa, basti pensare alla gestione delle piscine”.

LIfeLei personalmente come sta vivendo questo periodo di forzata inattività?
“Dal virus se ne uscirà e spero naturalmente il prima possibile! Personalmente nel mio centro stiamo effettuando opere di manutenzione e miglioramento, per farci trovare pronti alla riapertura ed offrire ai nostri Soci una struttura ancora migliore. E’un grosso sacrificio ma penso sia anche il modo migliore per sconfiggere la negatività e il pessimismo che non deve sopraffarci”.

Non possiamo però chiudere questa chiacchierata senza un suo “pensiero” rivolto alla città di Varese, anzi… al “Città di Varese”, intesa come società di calcio, ricordando che qualche anno fa lei ne fu il presidente dopo il fallimento succeduto all’utimo campionato di serie B.
“Faccio un plauso a chi ha voluto con grande umiltà tenere viva la storia del calcio a Varese. Seguo con assoluta simpatia il loro cammino e spero che possano risalire velocemente la china, preparandosi però ad affrontare quello che da sempre è stato forse il maggiore problema della gestione del Varese… cioè il mantenimento delle strutture. Questo è un problema innegabile con il quale ci siamo confrontati allora anche noi. E’ del tutto evidente che una società dilettantistica, senza concreti aiuti da parte pubblica, non può gestire e mantenere una struttura pensata e realizzata per una società professionistica…”

Ambrogio Baj