Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Una delle frasi più utilizzate nel mondo dello sport fa anche questa volta capolino in quella che è la direttrice che ha riportato Matteo Jemoli al ruolo di vice allenatore. Una posizione che Jemoli non ha mai fondamentalmente abbandonato, benché negli ultimi anni avesse vissuto un ruolo dirigenziale quale Responsabile Scouting ed Assistente al/ai General Manager biancorossi. L’arrivo di Kastritis, però, ha segnato un passo fondamentale anche nel suo presente che lo vede tornare fattivamente in panchina.

Com’è nata l’idea di tornare a fare l’allenatore?
“Era una cosa a cui stavo pensando da qualche mese. Credo che sia la cosa che più si addica al mio modo di vivere la pallacanestro: alla fine, anche avendo un ruolo dirigenziale cercavo sempre di parlare di basket giocato, nell’ultimo anno il fatto di essere tornato in panchina con il settore giovanile mi ha riacceso la voglia di allenare. In questo si è creata l’opportunità con Legovich che è andato a fare il capo allenatore in Polonia e così mi son messo a disposizione del club, qualora mi avesse voluto”.

Che Matteo Jemoli è quello che torna a fare l’assistente allenatore in Pallacanestro Varese?
“Più esperto, più cresciuto, sicuramente, perché questi ultimi 4-5 anni li ho passati a vedere un lato del basket diverso da quello del campo e questo mi ha arricchito perché vedi la squadra da una diversa prospettiva. Nonostante questo mi son sempre tenuto sul pezzo, avendo costruito bei rapporti con tutti i capi e assistenti allenatori che sono passati ogni anno. Ho cercato da ognuno di rubare qualche idea da tenermi lì per un domani che fossi tornato in panchina”.

Ed allora le chiedo, senza andare troppo indietro nel tempo, cosa ha rubato dagli ultimi capi allenatori passati a Varese, ovvero Brase, Bialaszewski e Mandole?
“Da Brase sicuramente la gestione del gruppo in una stagione positiva e lo metto al pari con Paolo Galbiati, con cui ho avuto chiacchierate infinite di basket; da Bialaszewski la gestione del doppio impegno, mentre da Mandole alcune situazioni in uscita da timeout per rubare un canestro o recuperare una palla che mi sono appuntato e che tengo lì. Così come voglio citare Legovich con cui avevo un bellissimo rapporto e con il quale ho parlato molto di aspetti tecnico-tattici: una cosa che mi ha aiutato tanto a crescere”.

Poi arriva Kastritis e cambia tutto: come si è creato il rapporto professionale con il coach e com’è nata poi la scelta di farla suo assistente?
“All’inizio il rapporto era poco incentrato sul piano tecniico-tattico, anche perché quando è arrivato avevamo diversi giocatori da prendere sul mercato quindi la concentrazione verteva su quello. Poi con il passare delle settimane i confronti sono diventati sempre più approfonditi su questioni di campo, tant’è che spesso ci siamo confrontati dopo la partita sui diversi aspetti che si erano evidenziati nei 40′. Al termine della stagione, poi, il coach mi ha detto che ero tra i papabili per prendere il posto di Legovich e che sarei stato valutato non per la convenienza di prendermi solo perché ero già qui pronto ma per le mie competenze. Così dopo un mese di colloqui con me ma anche con altri coach, mi ha scelto e sono veramente felice di ciò”.

Nonostante il suo nuovo ruolo, continuerà ad avere anche la mansione di scouting in società?
“In questa fase del mercato sì. E’ chiaro che non avrò voce in capitolo a livello di definizione della trattativa perché quella è una cosa che compete al management, però al momento continuerò nel mio lavoro svolto finora, in collaborazione sempre più stretta con il coach e poi anche con i GM”.

Andiamo allora sul mercato partendo dalla scelta di Ladurner: cosa vi ha spinto a prendere un giocatore che negli ultimi due anni, comunque, non è che abbia brillato in A2?
“E’ un giocatore che seguivamo da qualche anno, ha già avuto modo di giocare in A con Trento e assaggiando anche il parquet dell’Eurocup, quindi parliamo di un giocatore con esperienza, nonostante gli ultimi due anni in A2 siano stati un pò altalenanti. Cercavamo un cambio del lungo titolare che fosse giovane e italiano e che ci potesse dare una certa sicurezza ed in lui abbiamo visto queste caratteristiche”.

Ecco, andando sul lungo titolare, cercherete un giocatore simil Kao o si andrà su un centro più formato, soprattutto a livello di esperienza nel basket europeo?
“L’idea è quella di prendere un lungo più formato a livello di esperienza continentale rispetto a quello che era Kao, che arrivò a Varese con sole 12 presenze in Europa. Ci sono diversi profili al vaglio, sempre pensando ad un giocatore atletico”.

Guardando al ruolo di ala grande, quest’anno c’è l’idea di prendere un giocatore “puro” che ricopra quel ruolo lasciato un pò ibrido nelle ultime stagioni?
“Sì, l’idea è quella. Cerchiamo un giocatore che possa ricoprire un paio di ruoli in quello spot e che ci dia una mano a rimbalzo, situazione nella quale abbiamo sofferto nelle ultime due stagioni”.

Oggi si è registrato l’interesse di Trapani per Alviti: al di là di come andranno le cose, quanto la sua permanenza sposta negli equilibri di costruzione del roster?
“Sposta tanto perché Davide è un giocatore forte. E’ un giocatore molto importante per noi, sapevamo dall’inizio di questa possibile uscita entro il 30 giugno, noi speriamo rimanga qui ma nell’eventualità esca dal contratto ci faremo trovare pronti per sostituirlo”.

Alessandro Burin

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