Tutti hanno un sogno nel cassetto, ma solo in pochi riescono a realizzarlo e non si tratta dei più fortunati, ma solo di coloro che si sacrificano, che credono in se stessi e non si arrendono. Stefano Bettinelli è uno di questi. Ha più volte dichiarato che allenare il Varese è sempre stato il suo sogno, ma oramai non lo è più. «Era un sogno, oggi posso dire che è realtà» dice. Come ci è riuscito? «Semplicemente lavorando sul campo; non avendo mai bisogno di raccomandazione alcuna». È partito dagli Allievi del Gazzada, Silvio Papini ha messo una buona parola per portarlo alle giovanili del Varese. Da lì è arrivato sulla panchina della prima squadra, come vice allenatore di Sannino e Maran; poi gli è stata affidata la Primavera. Al termine di quella stagione ha preferito «non buttarsi via», rifiutando alcune proposte che non lo convincevano, «questo perché sapevo che il mio lavoro valeva e quindi ho preferito aspettare». L’attesa lo ha premiato. È stato chiamato alla guida dei biancorossi quando la squadra oramai non era più sull’orlo del baratro, ma ci era finita dentro. Al centro di un vortice è stato capace di infondere fiducia ai suoi uomini che si sono uniti e sono riusciti a non perdersi nell’abisso. Una volta salvata la squadra ai playout, Bettinelli ha cominciato un nuovo capitolo restando sulla panchina biancorossa.
Di Stefano Bettinelli Brescia VaDopo sette giornate giocate, qual è il primo bilancio?
«Direi che in queste prime partite abbiamo raccolto ciò che abbiamo seminato. Sapevamo che non sarebbe stato facile. Il nostro campionato è complicato per tanti motivi. Sarà una stagione in cui dovremo lottare e soffrire con la consapevolezza che lo stiamo facendo da prima ancora che iniziasse».
Spesso hai parlato dell’incostanza dei giovani nel rendimento, vedi comunque una crescita continua?
«La crescita c’è, l’incostanza è data dalla gioventù. Mentre gli “anziani” si sanno gestire nei momenti più difficili, i giovani cercano sempre di voler fare tutto e subito e questo a volte li porta a sbagliare. Fare esperienza è l’unica arma che hanno per migliorare».
La rosa attuale è qualitativamente più debole rispetto alle passate stagioni…
«Ho la miglior squadra che potessi desiderare. Per me il mio è miglior gruppo del mondo. Ci sono squadre con grandi individualità e con giocatori di Serie A, ma il Varese è speciale. È un gruppo che da 0 a 100 lo valuto 110. I più vecchi e i più giovani sono diventati una cosa sola e questo fa la differenza e la farà sempre».
Capitolo Coverciano: una volta realizzato il sogno di allenare il Varese, che significato ha poter partecipare al master?
«Sono contento di frequentare il corso che mi darà l’abilitazione ad essere allenatore in senso pieno con la possibilità quindi di essere tesserato con questo ruolo. Conoscevo già l’ambiente ‘toscano’ e ciò che è bello non sono i corsi in sé, ma tutto ciò che c’è intorno, ovvero il confronto con gli altri allenatori e con i docenti. È questo quello che fa crescere veramente, non tanto le lezioni in sé, il confronto e lo scambio di opinioni sono molto importanti».
Qual è il tuo punto di forza e la tua debolezza?
«Direi che ho una grande forza mentale; ho anche un punto debole (sorride ndr), ma non lo svelerò mai».
Il punto di forza e il punto di debolezza della squadra invece?
«Il punto di forza direi che è l’incoscienza, mentre la debolezza è la mancanza di esperienza. Le due cose vanno a braccetto. Se hai esperienza non hai coscienza e viceversa».
Bettinelli 2 Brescia VaParliamo del campionato. Quanto è stato utile il punto raccolto a Brescia?
«Il pareggio è stato importante sia per la classifica che per dare continuità ai risultati. Io non sono d’accordo con chi dice che è stato fortunato. È stato un punto meritato perché ci abbiamo creduto fino alla fine e credo che la fortuna non esista. Come non esiste la sfortuna. Quando un mio giocatore colpisce il palo dico sempre che ha sbagliato, non capisco perché se lo colpiscono gli altri mi devo considerare fortunato. Semplicemente non ha inquadrato la porta. Qualcuno ha storto il naso dicendo che l’avversario ha giocato meglio, ma abbiamo affrontato un Brescia che ha diversi giocatori con un passato di Serie A».
In Serie B sono già saltate due panchine: Catania e Latina…
«Il nostro calcio funziona così. Spendi molti soldi e pensi che tutto debba girare bene sin da subito. Investi e pretendi di ottenere subito i risultati. Spesso non è così e paga sempre l’allenatore, ma nel momento in cui firmi sai che corri questo rischio e devi accettarlo. Il campionato non ha ancora detto niente e sono convinto che alla lunga non ci saranno sorprese. Per andare in Serie A lotteranno le tre o quattro squadre che hanno speso di più e per non retrocedere lotterà chi ha investito di meno».
Il prossimo avversario è il Cittadella. Che partita ti aspetti?
«Mi aspetto di vedere la mia squadra lottare dal primo all’ultimo minuto dando il meglio di sé. Metteremo in campo quelli che sono i nostri valori. E poi lasceremo che il campo dia il suo responso. Mi aspetto due squadre che si sfideranno a viso aperto cercando entrambe di superarsi, se così non fosse all’ottava giornata significherebbe che tutti hanno sbagliato qualcosa».

Elisa Cascioli