33 punti in undici partite nel Girone B dei Giovanissimi Provinciali U15, miglior attacco e miglior difesa, capolista solitario a +5 sui campioni in carica del Torino Club; dati che parlano da soli e fanno capire dove è arrivato il Verbano di Marco Murano.

L’allenatore classe ’74 di Somma Lombardo è cresciuto calcisticamente nella società del patron Barbarito, e da tre anni guida i giovani rossoneri. “Il Verbano è la mia casa: da quando avevo sei anni sono stato accolto in questa splendida famiglia e con gli Juniores allenati all’epoca da Gabban (ora alla VergiateseU15, ndr) ho vinto un campionato. Poi anche a causa di qualche infortunio di troppo ho dovuto concludere la mia carriera, ma senza il calcio non riesco a stare. Ho iniziato ad allenare gli esordienti del Travedona Monate quattro anni fa, e nel momento in cui ho ricevuto la telefonata del signor Barbarito non ho potuto dire di no”.

Cosa significa lavorare per una società come il Verbano, da sempre attiva nel settore giovanile?
È sicuramente una grandissima soddisfazione:posso lavorare in un ambiente che conosco da sempre e, soprattutto, ho la fortuna di avere a che fare con persone estremamente competenti che mi stanno aiutando molto, da Iseo che allena i Primi Calci a mister Celestini in Eccellenza. In più gli Allievi sono guidati da Alfonso Di Marco, un uomo che ha giocato ad altissimi livelli con il Milan e che è un’autentica miniera da cui attingere per imparare. Come ho detto prima il Verbano è una grande famiglia e sarei un pazzo a non sfruttare quest’occasione”.

Giov. Prov. U15 - VerbanoCome è nato il tuo gruppo?
Siamo partiti da zero tre anni fa, ma fin da subito ho capito il potenziale che avevo fra le mani. Sono dei ragazzi fantastici che rispecchiano perfettamente il mio modo di vivere il calcio. Arrivano dopo la scuola, ancora con gli zaini in spalla, e si vede subito la loro voglia di imparare, di crescere e di giocare; fosse per loro si allenerebbero sempre. C’è un quotidiano confronto con tutti e io stesso posso imparare molto da loro perché rispetto e stima reciproca sono due aspetti fondamentali. I primi passi sono stati difficili, ovviamente, ma siamo cresciuti in fretta tutti insieme: la nostra forza è stata quella di imparare sia dalle sconfitte sia dalle vittorie e adesso siamo davvero diventati qualcuno”.

L’immagine che traspare all’esterno è di una squadra forte soprattutto a livello mentale. È così?
Assolutamente, siamo partiti dal nulla per cui siamo ben attenti a non montarci la testa e restare sempre concentrati. C’è il momento per ridere e scherzare, ma quando ci si allena non vola una mosca: serietà, impegno, determinazione, rispetto e umiltà. Mi piace definire il mio Verbano come una ‘squadra operaia’ perché bisogna sempre e costantemente lavorare sulle proprie potenzialità”.

C’è stato un momento speciale in questa prima parte di stagione che ti piace ricordare?
Sarà banale, ma la vittoria contro il Torino Club ha significato molto perché è stato il definitivo riconoscimento del nostro lavoro. Nulla da togliere a tutte le altre, in particolare Gavirate, Vergiatese e Morazzone, perché in ogni partita abbiamo sofferto e siamo cresciuti di conseguenza, ma sconfiggere i campioni in carica è stata una grandissima soddisfazione. Ora tutte guarderanno al Verbano come la squadra da battere e questo sarà il giusto stimolo per affrontare il girone di ritorno”.

A tal proposito, ora arriva la parte più difficile: confermarsi. Rivedremo lo stesso Verbano anche nel girone di ritorno?
Noi non cambiamo. Gli stimoli vanno sempre trovati per dare quel qualcosa in più perché dobbiamo tenere a mente che cinque punti di vantaggio sono un nulla e in ogni caso il Torino Club ci starà col fiato sul collo fino alla fine. Da quando alleno i miei ragazzi non ho mai toccato il discorso del montarsi la testa: umiltà, sacrificio e spirito di gruppo sono già loro prerogative e sono sicuro che non mi deluderanno”.

Il tuo Verbano-operaio ti rispecchia; come ti descriveresti come allenatore?
Io sono uno alla vecchia maniera: mi piace la semplicità e la voglia di combattere sempre su ogni pallone in ogni partita. Mi piace trasmettere la mia grinta e il mio agonismo ai ragazzi che, teniamo bene a mente, è un qualcosa di totalmente opposto alla cattiveria. Nel momento in cui dovessi vedere questo atteggiamento, o anche solo una mancanza di rispetto nei confronti degli avversari, sarei il primo a interrompere il gioco; ma anche qui mi fido dei miei ragazzi e garantisco per loro. E dico ciò perché mi sento davvero uno di loro, vivo ogni partita e la gioia più grande è abbracciarli ed esultare tutti insieme”.

E a livello tattico?
Da giocatore ero attaccante per cui la mia filosofia è offensiva: se in difesa non dobbiamo rischiare nulla, in attacco bisogna avere il coraggio di puntare l’uomo. Mi piace spingere sulle fasce e sono fissato nell’uno contro uno perché è il modo migliore per crescere; poi è chiaro che a seconda delle partite ci si adatta. Ad esempio il mio modulo preferito è il 4-2-3-1, ma viste le caratteristiche dei miei ragazzi ora giochiamo con il 4-3-3. Poi chiaramente conta l’aspetto mentale e qui posso dire che siamo a livelli massimi: non abbiamo mai saltato un allenamento, per neve, pioggia o quant’altro, e qui si vede la vera forza e passione di una squadra”.

Cosa farà Marco Murano in futuro?
Ora come ora sono strafelice di essere dove sono e con chi sono. È la cosa più bella che potesse capitarmi, per la società, per chi mi aiuta, per tutti coloro che mi permettono di lavorare bene. Per cui, al momento, voglio solo stare qui nel mio piccolo con i miei ragazzi. Non nego di essermi commosso quando alla cena di squadra mi hanno fatto uno splendido regalo con un video in cui ciascuno mi faceva gli auguri; è tutto straordinario qui, e aver insegnato loro ad essere qualcuno mi rende orgoglioso come mai prima d’ora. Non posso sapere cosa mi riserverà il futuro ma so cosa c’è nel presente: il mio Verbano è ciò su cui devo concentrarmi”.

Matteo Carraro