“Maestro”. “Professore”. “Esempio”. “Paradigma” di riferimento”. In alcuni, selezionati casi, anche “Papà”.
Aldo Albanesi, di gran lunga l’arbitro più importante del basket italiano, nel corso della sua lunga carriera è stato definito in tanti modi. Tutti con un fondo di correttezza. Albanesi infatti è stato “Maestro” per schiere di giovani fischietti. E’ stato “Professore” per quegli arbitri che, arrivati vicino al “top”, avevano bisogno dei suoi Master per conquistare il titolo di “Internazionali”. E’ stato certamente “Esempio” di capacità, moralità e buon senso. Ma, anche, per molti giovani direttori di gara della provincia di Varese è stato una sorta di “Papà” sempre pronto a consigliare, proteggere e indicare la strada migliore da seguire. Una carriera lunghissima e ovviamente fulgida, quella di Aldo che, come tante volte accade, comincia per caso. Quasi a sua insaputa.

Quasi a mia insaputa perchè da ragazzo, giocatore della Acli Cestistica Busteseracconta Albanesi -, non pensavo minimamente ad un futuro come arbitro. Però, in maniera del tutto casuale mi accosto all’arbitraggio cominciando ad arbitrare le amichevoli della Bustese Femminile che allora, parlo di metà anni ’50, giocava in Prima Divisione Nazionale, l’equivalente dell’odierna A2. Peppino Vidali, dirigente del club, ha l’occhio lungo e vedendo che col fischietto al collo me la cavo piuttosto bene, mi chiede di tentare la strada dell’arbitraggio“.

A questo punto cosa succede?
In verità l’idea di fare l’arbitro mi attira da sempre tanto che da ragazzo seguo con interesse la carriera dei grandi arbitri di calcio: Lo Bello, Rigato, Pieri , Piemonte, Dattilo e compagnia. Nel basket invece ho ben presente l’immagine di Giorgio Stefanutti, arbitro di Venezia che vedo in azione a Varese ammirandone le qualità: grande personalità, serenità, gestualità perfetta, sicurezza ed eleganza in campo. Il sogno di emulare Stefanutti è decisivo per dare la mia adesione al Corso Arbitri che si tiene a Milano dal 6 febbraio al 5 aprile  1957. Corso che frequento con un compagno di squadra, l’amico Giuseppe Gallo. In treno, per due sere la settimana,  raggiungiamo via Mazzini, sede del Comitato Regionale Lombardo della FIP e assistiamo alle lezioni teoriche e pratiche tenute dall’ex arbitro internazionale Oddone Gagliardi – tessera nr 5 – che oltre alle regole tecniche ci trasmette le sue esperienze di arbitro internazionale alle Olimpiadi di Londra 1948. Una storia che ci fa sognare ad occhi aperti. Superati gli esami divento aspirante arbitro e il 19 maggio 1957 ricevo la prima designazione ufficiale: a Origgio dirigo  una gara del campionato C.I.F. femminile tra Malica Origgio e San Michele Busto, secondo arbitro con l’amico Gallo. Il campo di Origgio, in terra battuta con le righe interne segnate col gesso e quelle esterne costituite da un striscia di legno, mi sembra comunque il Madison Squadre Garden e da lì in avanti il ghiaccio è rotto. Alla fine dell’anno sportivo 1957-58 le gare dirette nel triangolo Varese-Milano-Brianza sono già 36 e ben presto arriva il debutto in Promozione Maschile, allora il massimo campionato regionale: il 28 dicembre 1958 dirigo la gara Levissima Cantù – Enal Magrini come arbitro singolo.

Il 30 gennaio 1959 supero l’esame da arbitro Regionale con tessera nr. 716 e ricevo pubblicamente i primi complimenti da parte degli addetti ai lavori. L’allenatore varesino Valerio Giobbi, per esempio, dice di me: “Dell’arbitraggio del Sig. Albanesi di Busto non si può dire che bene, è un giovane che sta migliorando ed acquisendo esperienza. Farà certamente molta strada”. 

Nel settembre 1959 il Comitato Italiano Arbitri  mi include nella lista abilitati alla serie B designandomi poi per il debutto: il 22 novembre 1959, gara Libertas Asti – Alessi Omegna, secondo arbitro con Gianni  Bertolasi di Milano. Dopo aver diretto 135 gare in 2 stagioni, nel 1961 vinco il Trofeo Angelo Bovi, assegnato al miglior giovane arbitro della Lombardia.

L’attività arbitrale mi coinvolge sempre più e dopo due anni frenetici, con tante gare dirette, nel gennaio 1964 supero l’esame per la nomina ad Arbitro Nazionale. 

Fioccano le designazioni per i campionati di A Femminile e B maschile e dopo quattro stagioni di dura gavetta ecco, finalmente, l’inserimento nel 1° gruppo degli arbitri del massimo campionato maschile e, di conseguenza, il debutto in serie A. La mia data “storica” è il 7 aprile 1968, la partita è Becchi Forlì contro Eldorado Bologna e sono in coppia con Goffredo Sussi di Livorno, due volte olimpionico che, vedi il destino, in quella circostanza “fischia” la sua ultima gara in serie A per raggiunti limiti di età>.

Il tuo “cartellino” ufficiale segnala anche le tue ultime gare dirette: 14 aprile 1985, ultima in serie A, playoff tra Scavolini Pesaro e BancoRoma Roma e Canada-Ungheria, torneo di Varna per Nazionali Femminili. 
“Esatto: nei 28 anni di arbitraggio dirigo complessivamente 338 gara in serie A, 196 gare internazionali e ben 1464 gare ufficiali complessive”.

Quasi 1500 gare ufficiali: quali sono quelle che hanno lasciato in te un ricordo incancellabile?
Domanda alla quale è davvero difficile rispondere perchè continua Aldo -, ogni volta che ho messo il fischietto al collo si è trattato di un momento emozionante. Tuttavia, se l’eventuale mia classifica tiene in considerazione l’importanza dell’evento, non posso che partire dai due spareggi scudetto tra Ignis e Simmenthal giocati rispettivamente al PalaEur di Roma il 3 aprile 1971 e al PalaDozza di Bologna il 25 aprile 1973. Tra l’altro la designazione per la gara di Roma mi viene comunicata la notte del 30 marzo 1971mentre sono a New York in viaggio-premio offerto dai Giganti del Basket. Il designatore arbitrale Pierpaolo Giorgi in freddo linguaggio burocratico mi dice: “Ritieniti designato il giorno 3 per lo spareggio tra Varese e l Milano in coppia con Marzio Zambelli”.

Io, incredulo e un po’ stordito, fatico nel rendermi conto dell’importanza dell’evento: uno spareggio che assegnerà lo scudetto, da giocarsi in campo neutro a Roma con due squadre lombarde sul parquet e la direzione arbitrale affidata a due arbitri lombardi. Un fatto inusuale, certamente storico, commentato in questo modo dalla Gazzetta dello Sport: “La Federazione ha scelto due giovani arbitri, graditi alle due società, al di fuori dei soliti concetti geografici. L’alta responsabilità che viene assegnata ad Albanesi e Zambelli è anche un premio alla “nouvelle vague” arbitrale italiana”. L’impatto con il grande  PalaEur ed i 15.000 spettatori che lo riempiono è esaltante, ma bisogna tenere a bada le emozioni. Entrambi gli spareggi, come noto, si concludono con le vittorie della Ignis Varese (65-57 nel 1971, 74-70 nel 1973) e noi due arbitri “vinciamo” altrettanti scudetti riscuotendo consensi e approvazioni da parte di tutti: giocatori delle due squadre, giornalisti e addetti ai lavori e dai coach Nikolic e Rubini. Poi, cito tre Finali consecutive di Coppa delle Coppe nel 1973-’74-’75; una Finale di Coppa Campioni Femminile nel 1976, anni in cui, finalmente, corono il mio sogno perchè vengo scelto come arbitro che dirigerà alle Olimpiadi di Montreal, in Canada. Il Torneo Olimpico è previsto dal 18 al 24 luglio ed io dirigo le seguenti partite: Cuba–Australia maschile; USA–Giappone femminile; URSS–Canada maschile; Canada–Bulgaria femminile e la semifinale maschile tra USA e Canada. 

Montreal rappresenta un momento davvero interessante per la mia carriera perchè il giorno successivo di ogni partita – in apposita sala  presso il Centro internazionale – noi arbitri possiamo rivedere la gara in video-cassetta. Così, per la prima volta in carriera, ho la possibilità di vedere come corro, come segnalo e, in buona sostanza, a freddo posso valutare le mie decisioni in materia di violazioni e falli. Scopro così la “meraviglia” regalata dal potersi avvalere di moderni strumenti idonei al miglioramento tecnico degli arbitri. In seguito l’utilizzo del video-tape con cassette VHS diventerà il mio miglior mezzo di insegnamento nell’attività di istruttore tecnico nazionale. Però, in realtà, le gare che ho appena ricordato costituiscono solo un centesimo delle tante manifestazioni – campionati europei e mondiali maschili e femminili seniores e juniores; tornei di qualificazione, Universiadi, SpartaKiadi, Macabiadi, importanti Tornei in giro per il mondo -, cui ho avuto la fortuna ed il privilegio di poter partecipare. Tutto ciò, però, non varrà mai la partita più importante e determinante che ho diretto in vita mia…“.

Cioè, a cosa ti riferisci?
Alla gara, corre l’anno 1967, che alla Finali Nazionali Femminili FARI, mi permette di conoscere quella diventerà prima la mia fidanzata e in seguito mia moglie: Teresa Mangeli, giocatrice dell’Ultravox Brescia. Tramite il referto e le mie conoscenze nella zona bresciana riesco a conoscere il numero di telefono di Teresa. Imbastisco così una corte serrata che alla fine si concluderà col matrimonio allietato dalla nascita di due figlie meravigliosi: Stefania e Marco (noto allenatore ex-Bosto, Marnate, Sangiorgese e oggi responsabile settore giovanile dell’Aquila Trento nda). Insomma – sorride compiaciuto Aldo – il mestiere di arbitro mi ha regalato anche l’opportunità di metter su famiglia“.

Come hai detto chiudi l’attività ufficiale nel 1985, ma per tantissimi anni ancora sei Istruttore Nazionale del CIA.
Nazionale e anche sottolinea orgogliosamente Albanesi -, Internazionale. La mia carriera da Istruttore, davvero lunghissima, inizia nell’ottobre 1964 come Fiduciario Provinciale del Gruppo arbitri Provincia di Varese e poi Istruttore Tecnico del CIA superando il 1°corso Nazionale per Istruttori tenutosi a Roma nel 1966. Di fatto dal 1° novembre 1985 fino al 30 giugno 2009 svolgo l’attività di Istruttore Nazionale Professionista, mentre dal 2010 sono Istruttore Onorario e tutor CIA. Infine, a conclusione di un bellissimo “cursus honorum”, nel  2007 sono stato il 1° arbitro inserito nella Hall of Fame della Pallacanestro Italiana“. 

Negli anni ’70 la coppia arbitrale Albanesi-Zambelli era più famosa delle gemelle Kessler: come mai a tuo parere?
Semplicemente perchè, oltre ad essere davvero affiatati, eravamo persone che fischiavano con buon senso, senza mai voler vestire i panni dei protagonisti e senza assumere quegli atteggiamenti da “capetto” che infastidivano giocatori, allenatori e pubblico. Insomma, arbitri “normali” che ogni tanto, come da prassi, commettevano errori, ma avendo costruito nel corso degli anni una certa credibilità, questi sbagli venivano interpretati, giustamente, come elemento del gioco. Tutto qui, direi, nessun segreto particolare“.

Quali i giocatori che più hai apprezzato e quali invece non potevi proprio sopportare?
Per le ragioni, e le emozioni a cui accennavo prima, sono legato a tutti i ragazzi degli epici scontri Varese-Milano. Tutti giocatori fantastici e uomini di grandissima caratura che, non a caso, hanno scritto le pagine più belle del basket italiano. Tra i giocatori “difficili” che ho incontrato, non tanti per fortuna, cito Chuck Jura, splendido campione, ma anche un carattere bizzoso col quale spesso ci si scontrava per una diversa interpretazione del regolamento. In particolare alla voce “passi”. Chuck protestava per i miei fischi e spesso di “beccava” un tecnico sacrosanto. Diciamo che il clima tra noi non era esattamente sereno, anche se, è giusto dirlo, Jura, uomo molto educato non ha mai superato i limiti”.

C’è spazio per un ultimo aneddoto: scegli tu?
Beh, allora concludo raccontandoti dei “terribili” viaggi in macchina in compagni di Aldo Giordani, l’indiscusso “Re” dei giornalisti italiani di basket. Aldo aveva fama di essere un guidatore spericolato. Uno che, con un volante tra le mani,  faceva pazzie. Ebbene – conclude il “mitico” Aldo Albanesi -, posso confermare che tutto ciò che si diceva sul suo conto era vero. In qualsiasi condizione atmosferica, in qualsiasi situazione di traffico, il “Jordan” si metteva in corsia di sorpasso e schiacciava il pedale “a tutta” fino a superare agevolmente i 200 chilometri orari. Averla scampata bella, senza nemmeno un graffio, nei tanti viaggi fatti insieme ha reso veritiero il senso della frase “Lassù qualcuno mi ama…

Massimo Turconi   

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