Don’t try this at home. Come quei montati del wrestling. Manleva necessaria quando si rischia l’osso del collo. Incidente da mettere nel conto se si azzardano paragoni da pelo sullo stomaco come quello tra l’iconica Pro Patria 2008/09 e la versione 2020/21. Parallelo sgangherato solo qualche mese fa e ora invece legittimato dai numeri. Perché piaccia o meno, la fredda statistica fa di quell’edizione scespiriana e di quella corrente le due migliori dal ’66 ad oggi. Cioè nei 55 anni trascorsi dall’ultima Serie Cadetta.         

17 maggio 2009. Con lo 0-0 di Padova, il sedicente Dream Team di Lerda obietta all’ultima giornata (34^) l’aggancio promozione al Cesena chiudendo la stagione regolare a 58 punti. I successivi playoff proprio contro i Biancoscudati riserveranno quell’amaro, controverso, esoterico finale che l’immaginario collettivo bustocco ha poi debitamente “sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore”. Sommando il fallimento sportivo a quello giuridico e finanziario certificato negli stessi giorni in Tribunale.        

3 aprile 2021. Con la vittoria sul Lecco nella 34^, i biancoblu di Javorcic ottengono la quarta moneta toccando quota 56 punti a 4 dalla fine. A playoff aritmetici (se oggi la Pergolettese non batte il Renate nel recupero della 32^), l’obiettivo tigrotto è ora quello di accorciare la post season entrando in gioco più in là possibile. Concetto temporale omogeneo all’uscirne. 

12 anni schiavo. Stesso numero di partite (34, la Prima Divisione 2008/09 era un campionato a 18 partecipanti), solo 2 punti di differenza a consuntivo. Da 12 anni schiavo di quel gorilla sulle spalle della B lisciata sul traguardo, l’ambiente tigrotto può adesso finalmente affrancarsi attraverso una squadra opposta per concepimento a quella di cui sopra ma di dimensione complessivamente non così dissimile. A caccia di paragoni, quello tra le due in oggetto non regge sul piano economico e (probabilmente) su quello dell’investimento tecnico. Regge invece (benissimo) sul fronte del fatturato sportivo. Il totem dei sogni umidicci (sino al crudo risveglio) del tifoso medio del terzo millennio e le solide realtà della Pro Patria attuale. Una macchina da guerra offensiva da 50 gol, più 23 di differenza reti e 8 match con almeno 3 centri realizzati opposta alla miglior difesa professionistica con 19 clean sheet e 22 gol subiti. Sfida intrigante. Giocabile solo in astratto. Al netto del romanzo popolare. Possibile allora e negato oggi causa Covid. 

Burinos vs rafinados. Gatti avrebbe tenuto botta a Do Prado? Più veloce Toledo o Latte Lath? Davvero Cristiano/Dalla Bona/Correa erano così superiori a Nicco/Bertoni/Brignoli? Javorcic farà più carriera di Lerda? Solo 4 dei Trivia che alieni a risposte certe si stemperano in metri soggettivi di giudizio. Con bias cognitivo (inutile nasconderlo) pendente dalla parte di Anania & C. Ma con una doverosa nota a margine. Alcuni dei protagonisti di allora giocarono in quell’anno la loro migliore stagione di sempre (Zappacosta, tanto per pescarne uno dal mazzo). Molti di quelli di oggi hanno davanti un futuro tutto da scrivere. Non è neppure detto lontano da Busto.

Chi va con lo Zoppo e chi usa la Testa. Ma la vera (notabile) differenza è però fuori dal campo. Quello dell’avvocato Giuseppe Zoppo (e compagni di viaggio) fu uno spericolato all in, una rutilante corsa contro il tempo dagli scabrosi risvolti giudiziari. In sintesi, una scommessa in senso lato interpretata da qualcuno (chissà?) forse anche in senso stretto. Con l’approdo in corsa dei Tesoro che non scongiurò il cetriolone finale. Anzi, fece solo da antefatto a retrocessione e magagne successive. Quello di Patrizia Testa è al contrario un piano di lavoro che ha nel tempo un alleato. Non certo un nemico. I risultati sono frutto di competenza, programmazione e lungimiranza. La fretta non è contemplata. Insomma, non ci sono paragoni. E (forse), è meglio così.                                                                                   

Giovanni Castiglioni

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