Ianni, allenatore del Torino, tra Gallea e Franco Ossola. (foto Wikipeda)

Esistono legami invisibili, intessuti dal vissuto dell’uomo e dall’ambiente ad egli circostante. Storia e geografia si intrecciano, dando forma a eventi e scenari di ogni genere fin dalla notte dei tempi, mostrandoci ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che saremo finché il mondo potrà avere esistenza e quindi memoria. Lo sport, in questo caso il calcio, non è esente da questo ragionamento, dandocene dimostrazione grazie ad un binomio già trattato su questo sito e offrendoci nuovamente uno spunto per parlare di chi ha saputo coniugare il proprio nome all’asse Varese-Torino.

Il salto temporale ci porta a Santena, nell’area metropolitana del capoluogo piemontese, nella quale si riscontra una peculiare caratteristica (o coincidenza?) che inevitabilmente la avvicina alla Città Giardino: oltre ad essere la località che ha offerto l’eterno riposo al Conte Camillo Benso di Cavour, essa è nota per l’antica tradizione nella coltivazione degli asparagi, proprio come Cantello ha sempre saputo abituarci alle nostre latitudini. È in questa piccola realtà di matrice sabauda che comincia la storia di un uomo capace di consegnarsi tanto all’Olimpo dei granata quanto alla causa biancorossa: Antonio Janni.

Nato il 19 settembre 1904, già a quattordici anni riesce a mettere in luce le sue qualità tecniche e atletiche nel Torino, facendo il suo ingresso in prima squadra appena due anni dopo per volontà e merito del leggendario Vittorio Pozzo, allenatore di quella società che egli stesso contribuì a generare prima di diventare commissario della Nazionale italiana. Al debutto, avvenuto il 10 aprile 1921 contro il Mantova, seguiranno altre 329 partite, distinguendosi come uno dei migliori mediani del Paese e vincendo due campionati (di cui uno revocato) e una Coppa Italia.

Il 1937 segnò il suo passaggio a Varese, portando la sua esperienza e il suo acume tattico al servizio dei biancorossi impegnati in Serie C, riuscendo però a giocare solamente diciotto partite prima che un ginocchio già malandato lo costringesse al ritiro a 33 anni. Non tutto il male viene per nuocere e infatti la breve esperienza da calciatore a Masnago si rivelò assai utile, poiché la stagione successiva ritornò nelle vesti di allenatore. Dopo un breve ma fruttuoso rientro a Torino per sostituire l’esonerato Gyula Feldmann e traghettare la squadra fino al termine della stagione, Janni prese in mano la società bosina nel 1938 e la trascinò subito al primo posto nel campionato di Serie C chiuso a 38 punti pari merito con il Brescia, quest’ultimo promosso per la sola differenza reti. Un titolo svanito per un soffio, la cui magra consolazione fu rappresentata dalle vittoriose sfide contro le rivali Como, Pro Patria e Gallaratese; poco male per i tifosi e per la società a dire il vero, perché le basi gettate da Janni diventarono le fondamenta ideali per Ferenc Molnar per condurre la squadra al successo nella stagione successiva.

Oltre al successo sfiorato, il suo Varese si mise in luce per la presenza e la valorizzazione di un diciassettenne molto promettente che, seppur in appena 9 presenze, riuscì comunque a segnare tre importanti reti per la corsa al primato. Quel ragazzo era Franco Ossola, talento purissimo che ovviamente non sfuggì allo sguardo attento di mister Janni, sensibile alle qualità offensive di quel ragazzo. Ferruccio Novo, nuovo proprietario del Torino, aveva tutte le intenzioni di costruire una squadra capace di lottare con le grandi dell’epoca e per farlo si aprì ai consigli di chi aveva a cuore il destino del club granata. Janni era uno di questi e, nonostante fosse inizialmente restio, non esitò nel consigliare al neo presidente il talentuoso ragazzo con il fiuto per il gol: Franco Ossola divenne così il primo acquisto di quello che diverrà il Grande Torino.

Novo spese e imbastì la squadra con nomi di alto rilievo come Romeo Menti, Valentino Mazzola, Guglielmo Gabetto ed Ezio Loik, ma manca ancora qualcosa, o meglio, qualcuno per tornare a vincere il campionato e imporsi nel panorama calcistico italiano. La stagione 1942-43 vide l’ungherese Andreas Kuttik sedere sulla panchina granata, fresco di arrivo dal Bari. Nonostante l’importante campagna acquisti messa in atto, l’allenatore non riuscì a tenere il passo del sorprendente Livorno, perdendo punti pesanti contro Inter, Atalanta e Lazio. Appena prima della fine dell’anno solare, Novo capì quanto fosse necessario cambiare marcia e per farlo scelse la via della torinesità e dell’appartenenza alla maglia. Risultato? Kuttik esonerato e dentro proprio Antonio Janni, bandiera del Toro e pronto alla sua terza avventura in granata nella quale ritrovò il suo pupillo Franco Ossola, troppo spesso fermato dagli infortuni. Da quel momento la squadra diventò una vera e propria macchina schiacciasassi, raccogliendo una striscia di quattordici risultati utili consecutivi che si rivelò fondamentale per superare il Livorno e issarsi al primo posto finale. Per non farsi mancare nulla, Janni e i suoi ragazzi trionfarono anche in Coppa Italia battendo il Venezia e diventando la prima squadra italiana a ottenere entrambi i trofei nella stessa annata.

È la genesi del Grande Torino, una squadra capace di dominare la scena per otto anni, tanto forte da dettare i tempi e l’andamento delle partite a proprio piacimento (il famoso “Quarto d’ora granata”), nata e cresciuta col Varese nel destino, tra le intuizioni di Janni e le reti di Ossola. Il mondo intero conosce il Toro, tanto rispettato e ammirato in Sudamerica quanto temuto tra le grandi d’Europa. Solo il fato li vinse, spezzando quel sogno ad occhi aperti contro la Basilica di Superga il 4 maggio 1949, data che dal 2015 rappresenta la Giornata mondiale del calcio, degno riconoscimento da parte della Fifa di una delle formazioni più iconiche e determinanti nella storia di questo sport.

Il tifo granata e quello biancorosso si uniscono sotto il segno tratteggiato dai campioni che hanno saputo onorare le maglie del Toro e del Varese, regalando momenti unici a tutti coloro che ne hanno amato le gesta, in bilico tra l’eroismo e la mitologia. Ai posteri non resta che conservarne la memoria, tramandandola alle generazioni future attraverso azioni volte a ricordare ed elogiare i fuoriclasse che hanno saputo farsi vettori di sogni e speranze. Da Antonio Janni a Franco Ossola: Varese e Torino, per sempre legate.

Dario Primerano

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