Il nostro viaggio nel mondo delle arti marziali torna a far tappa a Gallarate, presso il Fuji-Yama, dove il Maestro di Judo e Istruttore di Karate Alex Santambrogio, figlio del Maestro Benemerito Armando, ci parla della differenza delle due celebri arti marziali nipponiche, focalizzandone aspetti tecnici, sportivi e pedagogici.

Maestro, come si avvicinò al Karate?
“Il mio approccio fu a partire dall’età di dodici anni grazie alla palestra di mio padre, il Maestro benemerito di Judo Armando Santambrogio, e anche per merito del famoso Sensei giapponese Takeshi Naito, originario di Shizuoka. Il Karate e il Judo si compensano, perché nel Karate hanno recentemente inserito le tecniche di proiezione provenienti dal Judo, pur non essendo però ancora previste le prese, e allo stesso tempo il Karate completa il celebre sistema di lotta nipponicO includendo le tecniche di braccia e anche quelle di gambe. Attualmente sono Maestro di Judo cintura nera sesto dan, dal conseguimento del sesto dan in poi ci si considera come cintura biancorossa, e anche Istruttore di Karate, cintura nera terzo dan FIJKLAM (Federazione riconosciuta direttamente dal CONI, ndr). Decisi di insegnare anche il Karate perché mi ha motivato sia il fatto che in precedenza già insegnavo il Judo, sia quello che il Karate e il Judo si integrino reciprocamente”.

Quali cinture segue?
“In passato sia i bambini sia gli adulti, e ho condotto molti miei allievi al conseguimento della cintura nera al primo dan, i quali in seguito sono poi diventati tecnici. Attualmente tengo un nuovo corso e un gruppo formato solo da bambini, cinture bianche e gialle. In generale, noto che i bambini nello svolgimento dei fondamentali o dei “kyon” se la cavano bene, però purtroppo noto che nel complesso quelli di oggi soffrono di analfabetismo motorio, difficoltà di coordinazione, soprattutto a causa del fatto che durante l’ormai superata “Era Covid” abbiano seguito una vita sedentaria con poca attività fisica; ritengo che nella pratica del Karate siano fondamentali anche gli aspetti motori e condizionali. In occasione degli esami, nei miei trent’anni di insegnamento, non ho mai chiesto la dimostrazione di un preciso programma dettagliato per ogni livello di cintura; ad esempio, se spiego dieci tecniche, ritengo che sia più sufficiente e consono che il karateka ne dimostri l’esecuzione corretta di alcune, piuttosto che l’impreciso o errato svolgimento di tutte”.

Quali principi del Karate insegnate ai bambini?
“Gli aspetti formativi ed educativi, presenti anche in tutte le altre arti marziali. Nel Karate insegniamo a dominare le tecniche di pugno e di calcio allo scopo di non fare male al contendente, e nel kumitè non vi è un vero e proprio contatto fisico. Tra i valori fondamentali del Karate vi è soprattutto l’autocontrollo: nelle gare di kumitè sono consentite anche delle tecniche di proiezione e di caduta provenienti dal Judo, il quale è più un sistema di lotta nato come corpo a corpo, e che prevede maggior contatto fisico, senza colpire. Insegniamo i katà sin dall’inizio della pratica del Karate e i bambini sono introdotti ai primi katà o sequenze di base; di solito dedichiamo la seconda parte delle lezioni sia alle tecniche basilari o kyon sia al katà”

Prevedete una propedeutica ludica al Karate?
“Sì, ed è basata essenzialmente su degli esercizi di coordinazione motoria e condizionale, finalizzata a introdurre i bambini al Karate sportivo. In generale le lezioni prevedono, oltre alle tecniche di base, anche dei giochi istruttivi: con l’avanzamento dell’età e il superamento dei diversi livelli di cintura le lezioni prevedono progressivamente un ridursi di questo spazio dedicato ai giochi. Nel corso abbiamo anche delle femminucce, le quali dimostrano più concentrazione mentale, più grinta, più abilità condizionali e motorie; ammetto che nel complesso se la cavano bene, quanto i maschietti”.

Come giudica il Karate espresso da parte delle nazionali italiane e francesi?
“Ritengo che sia l’Italia sia la Francia abbiano entrambe delle Scuole di Karate dall’elevatissimo livello tecnico”.

Secondo lei, quali sono le differenze maggiori tra il Karate e il Judo?
“Credo che siano soprattutto nel tema del contatto fisico. Il Judo è una disciplina di contatto, mentre il Karate lo prevede solo in parte, anche per merito delle tecniche di proiezione, di derivazione judoistica, recentemente incluse. Ad esempio, nel Karate, a differenza di altre attività pugilistiche, durante il kumitè non è previsto il contatto pieno nei confronti del contendente”.

Obiettivi futuri?
“L’evoluzione di questo gruppo di bambini sia sul piano tecnico sia su quello sportivo; intendo prepararli affinché a tempo debito, se vorranno loro e se le famiglie concorderanno, possano partecipare a delle gare di Karate, anche come approccio al lato agonistico di questa celebre arte marziale giapponese”.

Nabil Morcos

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui