Le Olimpiadi sono il sogno più alto che qualsiasi atleta possa mai realizzare. Le emozioni, la bellezza ma soprattutto il valore intrinseco e oggettivo di ciò che una Olimpiade lascia ti segna per tutta la vita. Il maledetto covid-19 lo scorso anno ci ha portato via anche questo e tutt’ora mette in dubbio il possibile svolgimento della manifestazione a 5 cerchi che si dovrebbe svolgere quest’estate a Tokyo. Un’incertezza, dovuta alle evoluzioni della pandemia mondiale, che colpisce soprattutto gli atleti, costretti da un anno a vivere nel dubbio e che devono sopportare, oltre allo sforzo fisico, uno peso psicologico non indifferente sospeso tra gioia e tristezza.
Un esempio di ciò lo dà Gemma Galli, atleta della Busto Nuoto Sincronizzato, componente del team azzurro che farà le qualifiche per poter arrivare a Tokyo e che è in ritiro da settembre.

Com’è stato il tuo 2020?
“E’ iniziato molto bene. L’obiettivo, il sogno si era avvicinato notevolmente. A marzo dello scorso anno ci hanno fermate, non si capiva bene cosa sarebbe successo, anche perché avremmo avuto la qualifica olimpica tre settimane dopo il lockdown. Quando ci hanno detto che la qualifica era stata annullata non so neanche dire la tristezza che ho provato. Da lì però non ho smesso di allenarmi neanche un secondo e devo dire che questo periodo mi è servito per scoprire alcuni miei limiti a livello di scioltezza, ad esempio, e soprattutto per capire come superarli. Dopo un mese è arrivata la notizia dell’annullamento delle Olimpiadi e lì ammetto che mi sono fatta un grosso pianto. Al 25 maggio sono stata convocata, da lì è iniziata una seconda fase, con ritiro e quarantena e praticamente solo allenamenti in vasca, due settimane di vacanza e poi da settembre siamo di nuovo in ritiro”.

Un ritiro estenuante, in attesa della qualifica olimpica.
“Sì, è la quarta volta che ce l’annullano. Non c’è mai stata in realtà. Doveva essere a fine aprile ma una settimana fa è stato annullato tutto e non ci sono indicazioni su quando verrà rifissata. In tutta questa assurda situazione, noi siamo costantemente in ritiro, con gli Europei a metà maggio da preparare e non è facile gestire tutto questo”.

In riferimento proprio agli Europei, come si separa quello che è il pensiero Olimpiade dall’obiettivo europeo?
“In realtà non si separa, perché tutto è in funzione di Tokyo. Qualsiasi cosa faccia da quando ho iniziato a nuotare a 9 anni, è in funzione dell’Olimpiade. Non esistono obiettivi staccati o separati da questo, ma sono solo tappe in funzione dei Giochi. In questo momento specifico, non gareggiando da due anni, gli Europei aiuteranno molto per rimettersi in vasca in gara, in vista poi della qualifica”.

Quali sono le sensazioni che avete verso questa qualifica?
“Guardando all’ultima gara fatta nel 2019, l’Italia è tra le nazioni che si sarebbero dovute qualificare. Poi, è chiaro, che non confrontandosi con le altre nazioni da due anni, non si ha un metro di giudizio o di paragone, non si sa a che livello sono arrivate le altre e nemmeno a quale siamo noi, se siamo migliorate o meno. A riguardo, poi, sono scaramantica e quindi non mi sbilancio di mio, però è chiaro che non è una situazione facile”.

Hai preso parte a tante gare importanti tra Europei, Mondiali, qual è quella che più ti è rimasta nel cuore?
“Ci sono tantissime gare che porto nel cuore. Ultimamente per trovare la forza e la convinzione di potercela fare ad arrivare a Tokyo, ripenso spesso alla gara di Guangzhou del 2019, dove siamo arrivate seconde ai Mondiali. E’ il ricordo più fresco e una tra le più grandi emozioni che mi fa capire che come ce l’ho fatta due anni fa ce la posso fare ora”.

So che ora toccherai tutto il ferro possibile a te intorno, ma come ti immagini l’eventuale esordio in vasca Olimpica?
“Solo a pensarci mi viene il magone, positivo ovviamente, ma pur sempre un magone. Non è facile gestire le emozioni, perché è già stata una bella botta l’annullamento dello scorso anno e questa incertezza pesa ancora di più. A tutto questo si aggiunge un periodo di ritiro infinito, da settembre non ho sabati o domeniche, non si esce dall’hotel se non per andare ad allenarsi e questo fa sì che, oltre ad un allenamento fisico, pesi anche una gestione psicologica di una situazione che non dipende da noi”.

Alessandro Burin

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