Di questi tempi l’attenzione in casa Città di Varese è rivolta al ricorso alla Corte Federale d’Appello per cambiare l’esito doloroso della retrocessione in Eccellenza e restare aggrappati alla Serie D.

A prescindere da ciò, comunque, la proprietà del Varese guarda avanti e Antonio Rosati si schiera in prima linea per rispondere a tutti i quesiti senza risposta (“Non è una vera e propria conferenza stampa, ma un confronto per dare spiegazioni). Assente il Dottor Paolo Girardi di I&MI per un contrattempo ma, in contatto telefonico, lo stesso Girardi ha subito chiesto scusa rinnovando l’appuntamento alla prossima conferenza stampa.

Voglio fare un punto della situazioneinizia Rosati dalla nascita del Città di Varese al triste epilogo di domenica scorsa: fin qui non c’è mai stato nessun confronto e oggi siamo qui per questo. La mia premessa è che il Città di Varese è una proprietà di chi ci mette i soldi; poi è chiaramente un patrimonio di tutta la città. Detto questo mi assumo le mie responsabilità: il fallimento sportivo di quest’anno parte da me e chiedo scusa a tutta la proprietà, ai tifosi e a tutti gli appassionati che vedono nel Città di Varese la parte calcistica della città“.

Cosa non rifarebbe quest’anno?
“Il gruppo di lavoro è stato portato fuori pista dalla vittoria playoff dello scorso anno: sulle ali di quella vittoria ci siamo inebriati facendo la foto dell’asticella in quel momento senza renderci conto che quel livello era sbagliato. Ci siamo mossi convinti di un qualcosa che non corrispondeva alla verità: la vittoria di Sanremo non è stata lo specchio di una stagione da metà classifica tranquilla. Ci siamo montati la testa e da lì è nata la partenza sbagliata di quest’anno, posto che comunque ci eravamo attrezzati per l’iscrizione alla Serie C”.

Troppa fretta nel voler cambiare?
“Quest’anno dovevamo ripartire da una delle due scommesse: o Gianluca Porro cambiando la squadra o tenere la squadra cambiando allenatore. Scommessa più scommessa è uguale ad un azzardo, a prescindere dal girone. Alla fine ho avallato la doppia scommessa pur non condividendola in pieno: inevitabile che se le cose non vanno come ti aspetti, a maggior ragione se non sei convinto, cambi subito. Ho quindi cercato un mister cercando di doppiare quanto fatto all’epoca con Sannino, bravo ad arrivare con la cazzimma necessaria per fare ciò che ha fatto. Con formule e tempistiche diverse ho cercato in De Paola le stesse cose: doveva defibrillare la squadra ma non ha avuto l’effetto desiderato e se si poteva peggiorare l’abbiamo fatto. Lo stesso ragionamento è stato fatto anche con altri casi”.

Disabato e Mapelli?
“A posteriori diventa tutto più facile: in quel momento ritengo che fosse la situazione giusta perché rappresentavano quel gruppo che doveva inseguire determinati obiettivi. Se non si arriva al risultato sperato bisogna fare certe scelte, anche forti, come feci all’epoca della cessione di Ebagua al Torino per poi riprenderlo. Inevitabile che ci sarà sempre qualcuno contento e qualcun altro meno contento: il lunedì al bar sono tutti presidenti, mister e giocatori. Già nel mercato invernale avevamo fallito gli obiettivi per cui abbiamo provato un nuovo tentativo facendo scelte non felici che abbiamo dovuto fare: quando si divorzia è sempre un insuccesso, ma va fatto”.

Il mancato ripescaggio in Serie C vi ha distratto?
“Eravamo vicini e ci credevamo, come dimostrano tutti i passaggi burocratici. D’ufficio siamo andati avanti perché comunque lo avremmo fatto con il tempo, mentre a livello di campo può aver ovviamente distratto: la debacle di quest’anno non è riconducibile a quello. Sicuramente siamo stati distratti, ma bisogna essere capaci di lavorare anche nella distrazione”.

Perché c’è così poco pubblico? Scarsità di risultati o mancanza di comunicazione?
“Tutto parte dal risultato: se vinci catalizzi, altrimenti catalizzi molto meno. Su una scala da uno a dieci il risultato conta sette: già la categoria non aiuta, ma di sicuro ci abbiamo messo del nostro perché abbiamo sbagliato i piani di comunicazione e una serie di iniziative che potevano renderci più popolari, aspetti che saranno rivisiti”.

I lavori alle Bustecche?
“Le Bustecche prevedono due lotti. Il primo è quello dato dal Comune, ed è una concessione vecchia che già in sede istituzione è stato stravolta; poi c’è il secondo lotto che riguarda il campo sopraelevato che è stato acquistato dal Club. Complice il Covid e il post-Covid nonché una rimodulazione di alcune leggi abbiamo dovuto ritardare, sbloccando la situazione burocratica solo poco prima di Natale: eravamo pronti un mesetto e mezzo fa, ma abbiamo voluto aspettare per lavorare con calma a fine stagione. Ora c’è un piano di lavori molto serrato: entro i primi giorni di ottobre dovremmo finire tutto, mentre in estate finiremo gli spogliatoi, la palestra e l’infermeria, il campo sopraelevato in sintetico e il campo in terra. Tutto il blocco bar, uffici e tribune sarà ultimato per la prima decade di ottobre. Credito sportivo? Io e Girardi abbiamo avuto recentemente il piacere di conoscere il Sindaco: abbiamo condiviso i lavori e i termini, il Comune è sempre stato molto disponibile nei nostri confronti e anche le istituzioni hanno tutto l’interesse che il centro sia completo. Sfiorando la Serie A non avevo mai investito sulle strutture, ma ora ho capito che se vuoi fare un progetto serio e duraturo bisogna investire sulle strutture: alla fine di tutto spenderemo circa due milioni di euro e, considerata la posizione, potrebbe diventare un hub di interesse non da poco considerando anche la vicinanza geografica a Malpensa”.

Il Varese continuerà?
“Il tifoso vede la prima squadra, il risultato e non guarda oltre; esattamente quello che farei io se fossi dall’altra parte. Ovvio che la categoria è importante, sarei falso a dire il contrario: se stai investendo su una Ferrari la vuoi per andare in pista, non per andare a fare a spesa. Guardando però a tutto ciò che stiamo facendo è ovvio che resteremo e continueremo”.

Il rapporto con il Comune la scorsa estate?“Fino a qualche settimana fa avevo pensieri personali che mi distraevano: ad oggi non è che non sono più distratto, ma sono sicuramente più presente e ho avuto contatti diretti. Non gestendo direttamente quella situazione ritengo sia stata un’incomprensione tra le parti che, ad oggi, non si ripeterà a maggior ragione dopo aver conosciuto il Sindaco e l’Assessore allo Sport”.

Il Franco Ossola?
“A Varese la questione stadio è quella dell’almeno l’80% degli stadi italiani: l’Ossola è la nostra casa, ci abbiamo investito per metterci la nostra sede e paghiamo il gettone per giocarci. Sicuramente è un problema ma, ad oggi, è a pagina quattro del nostro ordine del giorno: al momento siamo concentrati più che altro sul centro sportivo. Se dovessimo retrocedere giocheremmo alle Bustecche? Il campo è a norma per l’Eccellenza, ma escludo che, a prescindere da domani, giocheremo lì”.

Sinergia con l’Accademia Varese?
“In Terza Categoria so che ci sono state delle acredini tra le due parti, ma fino ad oggi non ci siamo mai mossi concretamente per farlo. Con Sean Sogliano ci siamo sentiti spesso per il rapporto che ci lega, ad oggi anche lui ha altre preoccupazioni, ma sul Settore Giovanile ci muoveremo attivamente da domani con il Centro Sportivo ultimato: a quel punto inizieremo a dialogare attivamente con il territorio perché è assurdo che ciò non avvenga. Con Sean mi siederò al tavolo al momento opportuno e arriveremo in fretta ad un dunque”.

Quale sarà il suo ruolo nel Città di Varese?
“Io sicuramente sono obbligato a prendere in mano questa situazione nel rispetto di una proprietà che mi conosce: io lavoro con Girardi, penso che lui sia soddisfatto di me a livello imprenditoriale e sono certo che si fida anche da questo punto di vista. Per questo mi sento in dovere di dargli risposte in merito ad un investimento serio e corposo che stanno facendo: per quello che è successo quest’anno sono obbligato a prendere in mano la situazione. Nelle prossime settimane metteremo mano in maniera pesante, anche se io tendenzialmente non sono per le rivoluzioni drastiche, e lavorerò a strettissimo contatto con il gruppo di lavoro che ci sarà non tanto avallando certe cose ma decidendole. Poi le cariche lasciano il tempo che trovano: di sicuro sarò presente in maniera costante perché il Città di Varese sta diventando un asset importante all’interno del gruppo I&Mi”.

Proprietà aperta a nuovi investitori? Si è fatto il nome di Montemuro…
“Montemurro è un amico che mi ha accompagnato nella prima avventura a Varese, ma ora è uscito in maniera netta da questo problema giudiziario e dubito che voglia tornare nel mondo del calcio; il suo accostamento al Varese è pura fantasia. Su possibili investitori sono certo che la proprietà valuterà qualsiasi proposta intelligente: su cento nomi che girano, novantanove sono a vuoto. Ho letto inesattezze sul fatto che non c’è nemmeno un cane che voglia investire: in primis un cane c’è e si chiama I&MI, e sta investendo tanto, se poi ci vogliono essere altri cani tanto meglio”.

La sentenza di domani?
“Ritorno sul parallelismo con la Ferrari: vogliamo arrivare al nostro obiettivo e lo faremo a prescindere dagli anni che ci servono. Sul campo siamo retrocessi, ma ci sono alcune regole che vanno rispettate e ci siamo mossi così come altri si sono mossi contro di noi. Non siamo noi a giudicare: aspettiamo domani e vediamo, con una punta di ottimismo visto il precedente. Chi si è accorto? Mentre ero in campo ho notato che Moleri sembrava ancor più alto del solito, pertanto ho chiesto a Vincenzo Basso di fare un test con lo stesso Moleri e mi hanno confermato che sembrava più piccola. In caso di verdetto positivo credo che la Folgore Caratese si rivolgerà al CONI e le tempistiche dovrebbero essere serrate, ma questi discorsi sono ad oggi prematuri: ci penseremo alla luce di domani”.

Cosa cambierei?
“Per i risultati ottenuti io sto parlando con tutto il gruppo di lavoro: il mio primo sentimento è fare tabula rasa, e se potessi dovrei essere io il primo ad andarmene. Non posso farlo per i motivi di cui sopra, ma soprattutto perché a prescindere da tutto c’è del buono: ragionerò nei prossimi giorni cercando di analizzare tutti gli sbagli fatti traendone le conseguenze per riassettare tutto al meglio e inevitabilmente ci saranno dei cambiamenti. Ad oggi non ho ancora deciso nulla”.

Perché c’è stato così tanto amore nei confronti della squadra e non della società?
“Varese è una piazza calorosa e il fatto che nonostante la debacle di quest’anno ci siano stati tifosi a sostenerci lo dimostra e mi sprona a fare ancora meglio. Da quando bazzico a Varese gli argomenti sono sempre stati legati al calcio giocato, nel bene o nel male; nella mia non presenza si è sempre parlato di cose fuori dal campo tra fallimenti e stipendi non pagati. Aspetti che inevitabilmente paghi a livello di pubblico, di scarsa fiducia nei confronti della società, ma ho la certezza che facendo le cose al meglio si tornerà ai rapporti di prima: faccio mea culpa ma mi impegnerò per riportare il Varese dove merita di stare che è nel professionismo”.

Matteo Carraro

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