Il nostro viaggio alla scoperta delle arti marziali fa tappa questa volta a Gallarate, al Fuji-Yama, dove il Maestro Benemerito Armando Santambrogio ci illustra gli aspetti educativi, inclusivi, psicologici e tecnici del Judo. Santambrogio, varesino doc di 83 anni (che ha però vissuto a lungo a Saint-Dié-des-Vosges in Francia), è un’autentica istituzione della disciplina: ex judoca selezionato dalla Nazionale francese per le Olimpiadi di Tokyo 1964 (saltate per infortunio), viene poi inviato dal presidente della Federazione francese ad Abidjan (Costa d’Avorio) come Maestro di Judo di un prestigioso Collegio della capitale (oltre ad essere allenatore della Nazionale ivoriana).

Dal 1965, di nuovo in Italia, ha iniziato a insegnare il Judo in vari Collegi esclusivi tra Gallarate e Busto Arsizio, ben presto diventati veri e propri punti di riferimento non solo per la provincia di Varese.

Quali cinture segue?
“Io seguo tutte le cinture, dalle bianche alle nere, e qui al Fuji-Yama insegna anche il Maestro al sesto dan Alex Santambrogio, che è anche fisioterapista. Abbiamo allievi di tutte le età, a partire dai bambini: per il conseguimento di ogni cintura, i judoka devono portare agli esami un preciso programma previsto dalla FIJKLAM. Il katà è richiesto solo a coloro che intendono ottenere la cintura nera, il quale serve per memorizzare le forme. Da noi ci sono anche dei judoka agonisti che svolgono le gare: oltre al risultato, riteniamo fondamentale la loro crescita psico-fisica. Consideriamo l’agonistica come una libera scelta, nella quale sono prioritari la partecipazione e il confronto sul tatami”.

Quali valori del Judo insegnate?
“Il Judo è universale, e per me è una forma educativa e inclusiva sul piano psico-fisico; in generale è per tutti una ricerca interiore profonda, che tramanda dei principi di rispetto e di responsabilità verso ogni cosa. Abbiamo anche degli allievi affetti da disabilità e il Judo li aiuta donando loro dei benefici enormi: ad esempio, ho organizzato un corso per gli autistici e ho notato che grazie al Judo hanno imparato ad avvicinarsi fra loro e ad accettare il contatto fisico, che in precedenza tendevano sempre a rifiutare”.

Come giudica le gare dei judoka italiani a Parigi 2024?
“Ritengo che gli arbitri siano incappati in alcune giornate no, così come può accadere in tutti gli altri sport, e questo è stato evidente negli “shiai” svolti da Odette Giuffrida. Alice Bellandi ha invece vinto l’oro nei 78kg e, in generale, vedo che la nazionale italiana ha dei judoka molto validi, tra i quali ad esempio Manuel Lombardo”.

Cosa s’intende per “yokotomoi” e per “ajimè”?
“I telecronisti durante i combattimenti agonistici, o “shiai”, di judo citano spesso questi due termini in lingua giapponese. Lo “yokotomoi” è una tecnica di proiezione laterale, mentre “ajimè” indica l’inizio del combattimento in gara: il termine nipponico “matè”, ad esempio, indica invece ad entrambi i judoka in combattimento di fermarsi, come lo stop”.

Cos’è per voi il “randori”?
“Si tratta di un incontro in coppia molto leggero, in cui ciascun judoka esprime in forma le sue tecniche allo scopo di affinarle e di affermarsi in movimento”.

Obiettivi futuri?
“Vorremmo incrementare maggiormente il settore Judo qui al Fuji-Yama, colmandolo soprattutto di bambini e di ragazzi, i quali ritengo siano il futuro sia del judo sia della nostra società in generale”.

Nabil Morcos

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