Varese-Como non è propriamente un asse idilliaco calcisticamente parlando, ma la storia sportiva delle due città non può non che essere intrecciata. Se il livello e gli orizzonti delle prime squadre maschili sono al momento ben diversi, anche per quel che riguarda la sfera femminile il club lariano ha dato una netta accelerata al progetto: Como e Varese sono destinate a condividere ancora per poco l’Eccellenza con le comasche destinate al salto (duplice?) di categoria. L’attrattività non è però tutto e il passaggio di Beatrice Pomaro da Como a Varese lo dimostra.

La centrocampista classe ’06, comasca doc, non ha infatti esitato a sposare la causa biancorossa dopo la prima parte della stagione vissuta indossando la casacca lariana. Il suo apporto a Varese si è subito fatto sentire, anche se è poi stata la sfortuna a giocare il ruolo più importante (in negativo). Durante il match del 9 febbraio contro il Segrate il ginocchio destro ha fatto crack e il responso è dei peggiori: rottura del crociato, stiramento del collaterale e lesione al menisco. Lungo stop che non ha comunque tolto il sorriso ad una ragazza rinata nello spogliatoio biancorosso.

“La prima parte della stagione non è stata facile – racconta Pomaro – perché in primis non ho trovato molto spazio e, soprattutto, a livello umano non c’era il gruppo che avrei voluto trovare e anche con il mister il rapporto non era dei migliori; si diceva “A” e si faceva “B”. Era una situazione che si protraeva già dallo scorso anno in Promozione, l’ho anche tirata avanti fin troppo, e cambiare è stato un bene”.

E come mai la tua scelta è ricaduta su Varese?
“Ero venuta a vedere una partita come spettatrice e l’ambiente mi aveva subito catturato. È bastata una chiacchierata per convincermi e sono rimasta stupita in positivo dall’accoglienza che mi è stata rivolta: le ragazze mi hanno incluso in fretta nel gruppo e il bel clima nello spogliatoio mi ha fatto tornare l’amore per questo sport”.

Qual è la differenza principale?
“Qui non ci sono invidie. Chiunque, dalle compagne al mister passando per lo staff, ti supporta e ti rende partecipe della vita in spogliatoio. A Varese ho ritrovato subito la fiducia che mi serviva e anche in campo stavo crescendo parecchio ritrovando la miglior condizione; poi, purtroppo, è arrivato l’infortunio. Come lo sto vivendo? Ovviamente male, ma procedo ad alti e bassi perché a livello mentale è stata una bella batosta; cerco di distrarmi e non pensarci, e in questo le mie compagne sono fondamentali. Sarò presto operata e lavorerò per tornare in campo il prima possibile”.

Varese e Como, ad oggi, hanno prospettive diverse: tralasciando il lato umano, hai riscontrato differenze a livello organizzativo?
“Diciamo che a Como solo da quest’anno la società ha iniziato a porre più attenzione al mondo femminile, perché l’anno scorso in Promozione eravamo un po’ lasciate a noi stesse. Sicuramente gli investimenti fatti sul mercato hanno portato ad innalzare esponenzialmente il tasso qualitativo della rosa, ma a livello organizzativo non ho riscontrato chissà quali differenze. Per come ragiono io sono, i rapporti umani a fare la differenza e qui a Varese, anche per quel che riguarda le giovanili, c’è un progetto importante: lo 0-0 tra la Juniores del Como e quella del Varese ripaga i valori di un vero gruppo. Poi è chiaro che le qualità individuali, soprattutto in Eccellenza facciano la differenza. Chi vincerà il campionato? La Pro Palazzolo. Il Como ha sicuramente qualcosa in più, ma le bresciane sono più squadra”.

Sei appena arrivata da Como ma parli già come una “varesotta” (ride, ndr). Che effetto ti fa giocare per il Varese?
“Vero che sono andata spesso a vedere le partite del Como, ma io nasco e resto interista. In più non ho avuto modo di vivere in prima persona la rivalità calcistica tra Como e Varese, per cui non la sento più di tanto e, abitando a Olgiate Comasco, sono un po’ a metà strada. Sicuramente i miei amici non mancano di ricordarmi che adesso gioco per i “rivali” (ride, ndr), ma sono semplici battute che accetto con il sorriso. E, lo ribadisco, qui sto davvero bene”.

Alla luce di ciò, quali sono le prospettive per il futuro?
“Prima di tutto tornare a giocare. Poi mi piacerebbe restar qui la prossima stagione e giocare per poter aiutare le mie compagne, cosa che purtroppo non sto facendo adesso. Il momento è abbastanza complicato tra rosa corta e infortuni, ma lo spirito positivo e propositivo può far la differenza”.

Apriamo una velocissima parentesi su di te: quando hai iniziato a giocare?
“A cinque anni. Mio papà Stefano è sempre stato un grande appassionato e con lui guardavo le partite. Poi, un giorno, mio zio ha regalato a mio fratello Matteo una piccola porta e con lui, anche se non ama molto il calcio, ci giocavo ogni giorno. Da lì ho voluto e iniziare più seriamente e l’ho fatto all’Intercomunale a Cagno; mamma Barbara ha provato a farmi cambiare idea, ma quando ha visto che ero così felice ha accettato con gioia la mia decisione. Sono poi passata al Colverde e successivamente al Como2000, prima di arrivare tre anni fa al Como 1907: il primo anno è andato bene, poi… meno”.

Chi è il tuo modello di riferimento a livello sportivo?
“Javier Zanetti. Lo adoro per la personalità che ha sempre dimostrato dentro e fuori dal campo”.

Qual è invece il tuo sogno?
“Tornare a giocare il prima possibile, impazzisco lontano dal campo. Sono realista e ben consapevole del mio livello, ma voglio provare a spingermi oltre i miei limiti sempre restando con i piedi saldamente a terra”.

Tornando all’attualità in chiusura, domenica il Varese riceverà il Crema, una sfida particolarmente sentita soprattutto alla luce di quanto successo all’andata; quali sono le aspettative?
“So cos’è successo a Crema e sono certa che le ragazze entreranno in campo con tanta grinta e voglia di vincere. Si sono allenate davvero bene e sono pronte ad una grande prestazione”.

Matteo Carraro

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