“Nulla è finito”. Mantra per voce di coach Ioannis Kastritis che non vuole cali di tensione da parte della Pallacanestro Varese in vista di queste ultime 4 giornate di campionato. La vittoria su Napoli ha portato una normale e giustificata tranquillità in vista della corsa salvezza ma l’allenatore greco vuole che tutti i suoi giocatori restino ben settati sull’obiettivo per evitare brutte sorprese nelle ultime partite, a partire dalla gara con Sassari di sabato 19 aprile alle ore 18:00 a Masnago.

Coach, partiamo dal successo di domenica con Napoli, una vittoria importantissima…
“Ogni vittoria è importante quanto partecipi ad un campionato competitivo come quello italiano. E’ stata una vittoria ancor più importante perché colta contro un avversario che lotta per il nostro stesso obiettivo ma soprattutto è stata importante per il momento della stagione in cui è arrivata, soprattutto dopo la sconfitta subita contro Cremona. Per tutte queste ragioni è stata una vittoria importantissima, i ragazzi hanno messo in campo una bella prova a livello di reazione mentale e caratteriale e sono veramente orgoglioso di quanto hanno fatto”.

Qual è stata la chiave del match secondo lei?
“Penso sia stata la grande voglia e desiderio da parte dei miei giocatori di portare a casa la vittoria a fare la differenza. Hanno mostrato una grande reazione mentale alla difficoltà del momento, giocando tutti nella stessa direzione per 40′. Prima di questa vittoria avevamo giocato tante partite facendo bene ma perdendoci in qualche dettaglio e questo non ci aveva permesso di vincere, mentre con Napoli siamo riusciti a non mancare nei dettagli e questo ha fatto la differenza. La forza e la durezza mentale con cui abbiamo affrontato tutta la partita è stata la chiave non solo della vittoria di domenica ma di tutto il percorso che stiamo facendo e che vogliamo portare avanti”.

Nella settimana passata ha potuto vivere tutto l’amore e la passione dei tifosi biancorossi per questa società. Cosa ne pensa?
“Per noi è una cosa importantissima e bellissima. Qui usate il termine fan-base ed è proprio così, nel senso che l’amore e la passione dei tifosi sono alla base di quello che facciamo, alla base di un club così ricco di successi e di storia. Per noi, inteso come squadra, è stato importantissimo sentire il calore e l’affetto della gente come già lo aveva sentito nelle partite in casa. Sono sincero quanto dico che per la squadra è stato importante sentire questo sostegno”.

Andiamo nel suo passato, quando e come è iniziata la sua carriera di allenatore?
“All’età di 23 anni ho subito un brutto infortunio che ha messo fine alla mia carriera di giocatore e mi ha permesso di iniziare quella di allenatore. E’ stata una sliding door importante nella mia vita: un momento di difficoltà e dolore che si è trasformato nella più grande occasione ed opportunità che mi potesse capitare. Ho iniziato a studiare e prendere i patentini per allenare ed oggi siamo a circa 20 anni di carriera”.

Che tipo di giocatore era?
“Nessuno se lo ricorda e quasi nemmeno io (ride, ndr). Non ero un grande giocatore, facevo la point-guard e non amavo molto difendere. Ero molto concentrato sullo studio, ero un bravo studente di Ingegneria Elettronica e vedevo la pallacanestro solo come una passione. Con il passare dei giorni, però, la passione è diventata uno sport, sono stato molto fortunato in questo. Come dicevo prima, l’infortunio che mi ha stroncato la carriera di giocatore è stata in realtà la via che mi ha portato a diventare un allenatore e dopo tanti anni di studio e lavoro sono riuscito a crearmi una carriera”.

Chi è stato il suo mentore?
“Non ne ho avuto solo uno: ogni allenatore con cui ho lavorato ed ogni dirigente che mi ha dato un’opportunità di allenare prima come assistente e poi come head coach è stato importante per me nel mio percorso professionale. Sicuramente un posto speciale nel mio cuore ce l’ha l’allenatore che mi allenava ai tempi dell’infortunio di cui parlavo prima mi ha dato la prima chance di fare l’assistente, così come coach Christopoulos che mi ha dato l’opportunità di fare il capo allenatore per la prima volta nel massimo campionato greco. Penso però davvero che ogni persona che mi abbia dato un’opportunità sia stata importante per me”.

Quanto è stato duro lasciare Salonicco dopo 3 anni e mezzo di lavoro?
“Sicuramente non è stato facile: entravo nella quarta stagione a capo dell’Aris, la sesta in totale contando anche le esperienze sulle panchine di Iraklis e sempre su quella dell’Aris nel 2018-2019. Per me e per mia moglie Salonicco era come una seconda casa, con tanti amici e conoscenti in tutta la città. Sicuramente, ripeto, non è stato facile, le emozioni sono emozioni e non le puoi nascondere ma questo fa parte del mio lavoro, è già successo altre volte, ho lasciato altri posti e succederà in futuro. E’ impossibile pensare che un allenatore resti in un solo posto per tutta la vita”.

Lei non allena solo la Pallacanestro Varese ma anche i gruppi Under 19 ed Under 20 della Nazionale Greca. Cambia il suo modo di allenare tra senior e giovani?
“No, non cambia. L’approccio può essere diverso: con i ragazzi della Nazionale lavori magari solo un mese, sono ragazzi che giocano tornei di alto livello nei quali sanno di avere molti occhi addosso e quindi tanto del lavoro è anche psicologico con loro, bisogna cercare di guidarli sulla strada giusta. L’onesta, le richieste ed il modo di lavorare che ho con i giovani è lo stesso che ho con i senior: le regole che vengono stabilite e la capacità di convincerli a lavorare in quella direzione per creare una cultura ben precisa di lavoro è la stessa sia che lavori con i giovani o con i senior. Arrivare a fine giornata per essere un giocatore ed una squadra migliore è l’obiettivo comune e non cambia a seconda dell’età anche perché io non valuto i giocatori secondo questo criterio. Io tratto tutti i giocatori con cui lavoro allo stesso modo e non a seconda dell’età che hanno. Tutti hanno pari opportunità e chi mi dimostra, gioca. Ovviamente allenare le nazionali giovanili della Grecia è diverso che allenare un club, in questo caso Varese, soprattutto per il tempo che ho a disposizione ma come dicevo prima le richieste, l’etica del lavoro ed il metodo di lavoro sono gli stessi”.

Tornando a Varese, le metto sotto la lente dell’attenzione la crescita di un giocatore in particolare dal suo arrivo, ovvero Kao, soprattutto a livello difensivo. Qual è il segreto di questo sviluppo secondo lei?
“Come sai non mi piace parlare dei singoli ma del gruppo, però visto che me lo hai chiesto ti dico che con Kao, così come con ogni altro giocatore della nostra squadra, sono stato fin da subito molto chiaro facendo capire come il mio lavoro fosse e sia quello di cercare di aiutarli a migliorare sotto ogni aspetto le proprie qualità individuali da mettere poi al servizio della squadra. I giocatori non devono avere paura dell’allenatore ma sapere che son qui per cercare di aiutarli e i ragazzi devo dire che sono stati fin da subito pronti a seguire ogni tipo d’insegnamento e consiglio. Noi cerchiamo di costruire un determinato piano di lavoro ed i giocatori devono essere pronti per seguirlo se no crolla tutto. Devono essere pronti a soffrire, a lottare per seguire il piano stabilito. Non è facile fare questo soprattutto quando cambia l’allenatore a metà stagione, però parlando di Kao e nella mia opinione tutti i giocatori della nostra squadra, hanno subito mostrato grande disponibilità in un momento molto complicato della stagione, mettendosi in gioco e lavorando duro per provare a uscire da questa situazione nella strada prospettatagli”.

Ora arriva la sfida contro Sassari, una squadra molto forte e in grande fiducia. Che tipo di partita si aspetta?
“Questa per me è la domanda più importante di tutta l’intervista: dobbiamo essere solo ed unicamente concentrati e pronti ad affrontare la sfida di sabato che sarà molto difficile. Sassari è una squadra che considero da livello playoff, ha giocatori di grande qualità non solo offensiva ma anche difensiva come Weber o Cappelletti sugli esterni che sanno mettere grande pressione sui portatori di palla, oppure Nenfro e Thomas sotto le plance. Dobbiamo essere pronti a lottare, soprattutto in questo momento. Vogliamo vincere perché nulla è finito: non siamo sicuri di essere salvi quindi voglio che la squadra sia concentrata e pronta a fare una bella partita come con Napoli. Stiamo lavorando duro per questo e sono sicuro che se manteniamo un giusto livello di concentrazione arriveremo pronti a questa sfida”.

Alessandro Burin

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