Quando si parla dell’Openjobmetis Varese, quest’anno i primi nomi che vengono in mente sono quelli di Luis Scola e di Toney Douglas, i due ex NBA arrivati a Varese per far fare quel salto di qualità alla squadra sia sotto il profilo tecnico che dell’esperienza. E così è, infatti, ma con il passare delle settimane c’è un altro giocatore che si sta prendendo le prime pagine ed i titoli principali quando si parla di Pallacanestro Varese: Niccolò De Vico.
Arrivato un po’ in sordina nella calda estate biancorossa, il giovane azzurro sta dimostrando gara dopo gara quanto la sua presenza nel gruppo squadra sia importante a livello di peso specifico sia tecnicamente sia a livello caratteriale e di carisma.
Con la sua fascia sulla fronte, tratto caratteristico ormai del De Vico biancorosso, Niccolò già in Supercoppa aveva fatto percepire che tipo di giocatore avesse acquistato Varese e le prime uscite stagionali in regular season non sono state altro che la sublimazione massima delle aspettative più rosee di tutto questo: si è dimostrato infatti fondamentale sia nella vittoria contro Brescia in casa, sia in quella di domenica scorsa contro la Fortitudo Bologna.
Ora di fronte a lui ed a tutta la squadra c’è LA PARTITA in casa biancorossa: il derby con Cantù (domenica alle ore 20.45 all’Enerxenia Arena), una partita diversa dalle altre che richiede di buttare il cuore oltre ogni tipo di ostacolo pur di portare a casa la vittoria.

La gara contro la Fortitudo ha portato una carica di entusiasmo enorme. Quali sono state secondo lei le chiavi di una vittoria che a Varese mancava da 22 anni sul parquet di Bologna?
“Penso innanzitutto che durante la settimana precedente abbiamo preparato molto bene la sfida. Sapevamo che tipo di squadra è Bologna e che tipo di squadre sono quelle di Meo Sacchetti, agevolati anche dal fatto che io e Ruzzier siamo stati suoi giocatori a Cremona. Ci aspettavamo proprio il tipo di partita che c’è stata: ritmi alti ma altalenanti. E’ stata una gara che ha vissuto di diversi momenti: da +10 a -9 e poi siamo tornati in vantaggio e quindi il controllo del ritmo della partita è stato fondamentale. Infine direi che siamo stati bravi a colpire nei momenti cruciali”.

Passiamo a lei ed all’escalation di prestazioni delle ultime settimane che la stanno delineando come idolo della tifoseria e uomo chiave nello spogliatoio. Si sarebbe aspettato tutto questo in così poco tempo?
“Diciamo di sì. Non voglio fare quello che se la tira, ma sono venuto a Varese con l’obiettivo di essere subito importante e riprendere il filo della scorsa stagione dove, penso, stavo giocando bene. Sapevo di arrivare in una piazza molto calda ed esigente, che vive di pallacanestro, ed io che amo entrare subito in contatto con i tifosi, ho cercato di cogliere al balzo l’opportunità di ritagliarmi un ruolo importante in questi primi mesi. Stiamo giocando un basket di sistema e io mi ritengo un giocatore di sistema, quindi anche questo ha contribuito a velocizzare il mio inserimento. L’anno scorso a Cremona, con il gioco di Meo ero molto più libero, ma mi ero trovato più in difficoltà”.

Qual è stata la chiave per un amalgama così veloce del gruppo in così poco tempo secondo lei, abbinandoci anche il cambio di allenatore a preparazione iniziata che poteva complicare un po’ tutto?
“I meriti vanno dati a coach Bulleri. Stavamo facendo un buon lavoro con Caja, aveva costruito lui la squadra e quindi il cambio in panchina, inaspettato, ha destabilizzato un po’ tutti. Però quando è arrivato Bulleri è stato bravissimo a mantenere l’asticella molto alta, a tenere elevate la tensione ed il ritmo negli allenamenti e soprattutto a non stravolgere completamente quello su cui avevamo lavorato per un mese e mezzo. Chiaramente, se fosse arrivato un allenatore che avesse voluto cambiare tutti gli schemi, il sistema di gioco e l’assetto difensivo avremmo dovuto resettare tutto ciò che avevamo fatto fino a quel momento e ripartire da zero. Invece con degli aggiustamenti e delle novità introdotte dal coach nel segno del suo basket, siamo riusciti a ripartire in fretta e da un buon punto. A livello di gruppo, siamo un team super. Non ci sono prime donne, nessuno che si crede o si sente più importante degli altri, nonostante abbiamo in squadra due giocatori come Scola che ha fatto 4 Olimpiadi o Douglas con anni di Nba alle spalle e un anello vinto. Loro sono tra i più umili e piacevoli nello spogliatoio e se arriva da loro un esempio del genere, non può che verificarsi una situazione favorevole per tutti. Sappiamo che la stagione è lunghissima ed arriveranno i momenti duri dove magari perderemo anche delle partita in fila, ma lì si vedrà realmente il gruppo e la coesione che c’è nello spogliatoio”.

Ora c’è il derby con Cantù. Che aria si respira in spogliatoio e quanta pressione sentite per questa sfida?
“Abbiamo già incontrato Cantù due volte in Supercoppa. E’ una squadra giovane, con tanta voglia di fare ed è allenata bene. Non dobbiamo prendere la partita assolutamente sotto gamba ma ci vorrà grande attenzione, anche perché già nella seconda gara di Supercoppa, nonostante venissimo dal cambio in panchina, avevamo fatto veramente male. Questo ci deve spingere a prenderci una sorta di rivincita. Quelli di Cantù sono giocatori molto atletici, cercano sempre l’uno contro uno e penso che sia questa la chiave della gara. A Bologna abbiamo fatto molto male a rimbalzo e questa settimana abbiamo lavorato duramente su questo. Per quanto riguarda l’importanza della gara lo sappiamo ma non sentiamo pressione quanto invece responsabilità. Il coach appena finita la gara con la Fortitudo sulla lavagna ha scritto in grande DERBY e CANTU’, focalizzandoci subito sull’obiettivo. Sappiamo che, ahinoi, non ci sarà il palazzetto pieno, ma quell’energia che davano i tifosi dobbiamo trovarla in noi e metterla in campo”.

La settimana scorsa è stata difficile soprattutto per i casi di positività nella squadra. Lei, che ha avuto il virus a Cremona, come sta vivendo questa situazione e pensa che tutto il mondo dello sport possa andare avanti nonostante l’ombra della seconda ondata?
“Parto dal mio lato personale e dico che la sto vivendo con tranquillità, poiché avendo già avuto il virus a Cremona è vero che potrei riprenderlo ma sono più protetto. Chiaramente spiace che due membri del nostro gruppo squadra abbiamo contratto il Covid, ma dobbiamo cercare di superare il momento. E’ una situazione che non va assolutamente sottovalutata perché è un attimo ritrovarsi nella situazione dei mesi più bui che abbiamo passato. A Cremona vivevo tra il centro e l’ospedale e nel periodo di maggior potenza del virus sembrava di essere in un film apocalittico. A livello generale, penso che se seguiamo tutti le regole ed i protocolli che vengono stilati si possa cercare di portare avanti questo sport, altrimenti si rischia davvero di chiudere tutto. Immagino che molte società siano in difficoltà economica e che per una situazione di ritorno alla normalità ci vorrà ancora molto tempo, ma dobbiamo essere tutti uniti e cercare di resistere ed andare avanti evitando quelle incomprensioni e situazioni che si sono verificate ad esempio nel calcio. Se il basket si ferma non ripartirà più, il rischio c’è”.

Alessandro Burin

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