Dall’Italia alla Svizzera con una sola grande passione, la pallacanestro. Questa è la storia di Matteo Caccia, preparatore atletico di professione con una passione sfrenata per la palla a spicchi, tanta da aver legato ormai in maniera indissolubile il suo lavoro con quello che è il mondo della pallacanestro.
Dal minibasket a Cantello alla Prima Squadra del Sam Massagno Basket in Svizzera, senza dimenticare il tifo, sfegatato per la Pallacanestro Varese.
Come nasce la sua passione per il mondo dello sport e per la pallacanestro in particolare?
“Ero ancora alle elementari e tutti i miei compagni giocavano a calcio, tant’è che un giorno i miei genitori mi portarono a vedere una loro partita ma il calcio, proprio, non faceva per me. Io ero attratto dalla pallacanestro, così iniziai a giocare a Cantello ma mi accorsi fin da subito di essere scarso (ride, ndr). Capì che non poteva diventare il mio sport da agonista ed ho iniziato a dedicarmi al baseball”.
Come mai il baseball?
“Mio cugino giocava nella squadra di Malnate, il mio insegnante di educazione fisica all’elementari era un super appassionato di questo sport e ci aveva insegnato qualche regola. Così un giorno mia zia, che era la segretaria del Baseball Malnate, mi chiamò per giocare una partita visto che mancava un bambino e da lì è iniziata una grande storia d’amore con questo sport. Avevo trovato la mia dimensione, infatti sono andato avanti a giocare fino a 19 anni, vivendo anche un’esperienza in Nazionale Junior per un raduno invernale. Quando poi ho deciso di smettere, intraprendendo la strada di Scienze Motorie, ho voluto prendere il patentino da istruttore di minibasket ed ho riaperto la sezione a Cantello nel 2003 insieme a Claudio Schena”.
Perché dopo aver trovato una dimensione nel mondo baseball ha scelto di tornare al minibasket?
“Perché mi piaceva da morire. Sono quelle passioni che non passano mai anche se non sfondi come giocatore. Mi è sempre piaciuto il basket, sono sempre stato super tifoso di Varese e con il passare degli anni, lavorando con Sam Massagno, ci siamo spesso incontrati in fase di preparazione estiva, ho lavorato per una vita al Life a Varese, avendo così la fortuna di conoscere tantissimi protagonisti della storia recente biancorossa: da Meneghin a Pozzecco, da De Pol a Pillastrini, passando per Caja. Tutto questo non ha fatto altro che alimentare negli anni la mia passione per il basket”.
Come nasce poi il rapporto con Sam Massagno?
“Nasce circa 13 anni fa. Avevo aperto un centro minibasket alla scuola europea di Lugano e cercavo una società per far fare un’amichevole a questi bimbi. Organizzammo con Sam Massagno, da lì nacquero i primi contatti e dal 2011 iniziò questa storia che avanti tutt’ora lavorando con la Serie A”.
Come viene vissuta la pallacanestro di Serie A in Svizzera?
“Il livello del basket in Serie A in Svizzera è discreto. C’è Friburgo che è l’unica società composta da tutti professionisti. Gli slot per gli stranieri sono massimo 4, il resto della squadra è composto da svizzeri che molto spesso hanno un primo lavoro e poi fanno i giocatori come seconda occupazione. La nostra preparazione estiva viene comunque incentrata sempre contro squadre italiane di livello per alzare anche quella che poi è la nostre competitività durante la stagione. Il fatto è che c’è poca attenzione mediatica al basket in Svizzera, perché viene sovrastato da calcio e hockey che sono religione”.
Qual è il trionfo ottenuto con Sam Massagno che si porta più nel cuore?
“Io sono arrivato che la Sam era una squadra che ambiva ad entrare nei playoff, negli ultimi anni gli investimenti, sotto tutti i punti di vista, sono stati però davvero tanti ed infatti siamo arrivati a disputare 4 finali di Coppa di Lega (l’equivalente della Coppa Italia), abbiamo giocato una finale di Coppa Svizzera, due finali di Campionato ed una di Supercoppa, conquistando una Coppa di Lega ed una Supercoppa. Il trionfo in Coppa di Lega è stato il più emozionante fino ad oggi, anche perché arrivavamo da 3 sconfitte consecutive in finale. Eravamo un gruppo affiatatissimo ed è stato bellissimo”.
Vedrebbe mai un futuro, a livello professionale, staccato dalla pallacanestro?
“Ormai no e soprattutto non mi vedo lontano dal mondo del minibasket, perché è bello lavorare con i grandi, ma la gioia e la soddisfazione che ti dà veder crescere un bambino è qualcosa d’impagabile. Non è un lavoro come un altro, mi sento un privilegiato a fare quello che faccio”.
A Massagno che numeri avete a livello di settore minibasket?
“Abbiamo avuto una crescita esponenziale negli ultimi 3 anni e siamo arrivati ad avere 130 bambini, con due categorie e l’easy basket. Sicuramente un risultato importante che vogliamo continuare a far crescere”.
Alessandro Burin