Una stagione lunga, resa lunghissima da due partite in più, le due play-out che la società mai si sarebbe aspettata di dover disputare. Oltre che interminabile è stata anche difficile: playoff presto salutati, tanti alti e bassi, tre esoneri in panchina, un cambio di direttore sportivo, sette sconfitte consecutive e gli inesorabili playout col Novara. Adesso, quando mancano gli ultimi 90’, il Varese, forte del 2-0 ottenuto all’andata, vede la luce. Decisiva sarà la partita di venerdì sera alle 20.30 al “Franco Ossola”.
Presidente Laurenza, cosa si aspetta dalla sfida di ritorno?

«Tanta concentrazione. Non mancano 90’, ma 105’ perché anche durante l’intervallo non dovrà calare l’attenzione. La partita non è finita fino a quando l’arbitro non fischia tre volte. Quindi ancora non abbiamo ottenuto nulla. Abbiamo un vantaggio, ma non significa niente. Mi aspetto corsa e carattere in campo. Potremmo subire la pressione del Novara, ma ci deve essere la voglia di ottenere l’obiettivo. Se vuoi veramente una cosa la ottieni».
Stefano Bettinelli ha da subito dato la sua impronta alla squadra…
«Il mister mi piace perché lui non si crea mai alibi, neanche per se stesso. La pensa come me quando dice che la migliore formazione è sempre quella a disposizione. Motiva a mille ed è sempre pronto ad andare in guerra fidandosi ciecamente di chi ha».
In caso di salvezza sarà confermato?
«Se porta a termine il suo lavoro positivamente  perché no? È una persona di grande spessore umano e morale. Sono pronto a puntare su di lui. Quando gli abbiamo affidato la panchina sono tornato a rasarmi barba e capelli, cosa che avevo fatto per anni e lasciato perdere durante l’inverno scorso. Sono tornato ad essere un soldato. Lo spirito dei ragazzi di Bettinelli è quello dei guerrieri. Io lo sono simbolicamente».
Laurenza_MontemurroQual è il suo personale bilancio su questa difficile stagione?
«Questo campionato è stato la miglior palestra che mi poteva capitare. Il sogno da rincorrere non era la salvezza, ma un altro. Speravo minimo di raggiungere i playoff. Sono arrivato con tanto entusiasmo, che non è mai andato via. Mi sono affidato all’esperienza di chi c’era già non permettendomi di sostituire nessuno. Ognuno ha fatto il proprio lavoro, non c’è chi ha sbagliato qualcosa. Il calcio, come la vita, è fatto di ciclici. Anche nelle aziende ci sono picchi negativi e positivi. Quest’anno abbiamo vissuto semplicemente la parabola discendente di un ciclo fisiologico. È andata così. Non bisogna sentirsi dei fenomeni quando le cose girano bene, né dei brocchi quando non vanno come si vorrebbe. L’impegno e la dedizione non sono mai mancate».
Qual è stato il momento più difficile?
«Il momento più brutto è stato l’esonero di Sottili. È stata dura per me prendere una decisione del genere sia dal punto di vista umano che lavorativo. Cambiare di continuo non è proprio il mio modo di lavorare e mi sono sentito sotto un treno per tre giorni. Ogni scelta è stata avallata da me, ma ho dato fiducia ai miei collaboratori».
E il futuro?
«Ne approfitto per rassicurare i lettori sulle tante voci che mi sono arrivate. Ho sentito dire “la società fallisce, Nicola molla”: niente di più falso. Sto lavorando sodo per trovare altri soldi. Sono sempre stato chiaro, sin dall’inizio. Non posso risolvere tutte le incombenze da solo, ho bisogno di un affiancamento. Il Varese non è soltanto pallone, ma tanto altro. Ci sono in ballo progetti infrastrutturali importanti che possono essere remunerativi per i futuri soci. Ho fatto appelli di continuo al territorio e adesso sto portando avanti dei contatti entra-varesini. Non c’è ancora nulla di concreto, quindi non mi sbilancio».

Elisa Cascioli