Solo a Varese può succedere. Può succedere di leggere di guerre, forse anche interne, che riguardano il settore giovanile. A molti può sembrare così strano e assurdo, ma, anziché difendere le proprie eccellenze, forse, il varesino gode nel distruggerle. Come un bimbo di 2 anni che si affaccia alla vita e prova quel gioioso piacere di distruggere la costruzione fatta dal proprio genitore. Onestamente, non ci stiamo con questo gioco.

Nella specie parliamo di uno dei vivai più floridi della nostra città, quello della Robur. Una nuova ripartenza iniziata nel 2018 con l’intento di perseguire il progetto più difficile, ma più satisfattivo: cercare di crescere i ragazzi come giocatori, ma anche come uomini. Di certo, nel lavoro del formatore, o allenatore se preferite questo sostantivo, non è facile sapere se i ragazzi che hai davanti diventeranno tutti professionisti, ma è più facile sapere che potrai creare degli uomini veri e leali sia in campo che fuori.

Si sa, le ripartenze vanno associate anche alla parola pazienza: nulla si ottiene tutto e subito. Chi lo fa ricorre al reclutamento e vi sono parecchie società lungo la penisola che, ingolosite dai procuratori, ricorrono anche agli stranieri, altro male del nostro basket giovanile che sarebbe da vietare hic et nunc, ma qui dovremmo riempire pagine di inchiostro. Che futuro può esserci per un basket che non produce giocatori italiani, ma che, invece, già dalle giovanili da i possessi decisivi a passaportati?

E allora perchè non valorizzare un settore giovanile che oggi conta circa 300 bimbi nel minibasket e quasi altri 200 ragazzi nel settore giovanile? Un numero importante che è testimoniato anche dalla pletora di giocatori che riempiono le nostre categorie dalla C Gold in giù, ma che ha anche punte di diamante nei giocatori attualmente in A2 (Piccoli, Martinoni, Passera, Pagani) nella serie B della Robur (Caruso, Iaquinta, e gli stessi Calzavara e Trentini ora solo part time) ma anche fuori dalla Robur (Somaschini, Tourè, Balanzoni, Maruca).
Nel 2018 è iniziato un nuovo percorso con un nuovo responsabile del settore giovanile con iniziative ed idee nuove ed è giusto lasciar lavorare questo staff. Il percorso tecnico intrapreso evidenzia dei segnali come le finali nazionali del gruppo 2005 e la vittoria dei 2006, campioni regionali nella propria categoria. Per i meno avvezzi, non vi è un titolo nazionale, ma solo regionale fino a questa annata.

Come in tutte le cose, e ad ogni latitudine, ai giovani va data l’opportunità di giocare e di sbagliare. Citofonate, per esempio, in Serbia o in Lituania. I giovani, quelli veri, quelli sotto i 20 anni, vanno accompagnati in questo cammino senza mettere troppa pressione addosso e senza avere l’aspettativa immediata. Vanno sostenuti e gli va data quella fiducia che spesso, invece, manca. A tutti i livelli, non solo al nostro caso specifico.

Ne è un esempio la scelta Robur relativa all’annata 2003, impegnata, seppur sotto età e facendo fatica, nel campionato DNG (u18) e in serie D, con l’obiettivo di crescere singolarmente e come squadra, preparandosi al meglio per i campionati senior, auspicabilmente proprio in Robur.

E’ vero che la B di oggi è cambiata profondamente essendo più fisica e, soprattutto, più professionistica, ma siamo certi che la B possa essere affrontata con una squadra a matrice varesina come lo era la Robur degli anni Duemila. Senza ricorrere al professionismo a tutti i costi, ma con il coraggio di scommettere sui prodotti del proprio settore giovanile. E siamo altrettanto certi che ove ci fosse un giocatore da categoria superiore non vi sarebbero problemi a darlo alla A come già accaduto più volte in passato. Tutto il resto, francamente, è noia.

Matteo Gallo