Un terz’ultimo posto da cui ripartire.

Finisce così la stagione della Pallacanestro Varese che, nonostante un bellissimo successo per 78-96 contro Pistoia nell’ultima giornata di campionato, conclude la propria corsa al terz’ultimo posto in classifica (14esima) ad un solo passo dal baratro dell’A2, in virtù della classifica avulsa a quota 24 punti con Cremona, Scafati e Treviso che condanna i biancorossi al posto meno onorevole dei 4 in palio.

Un terz’ultimo posto che poi è anche il peggior piazzamento dal ritorno in Serie A dei biancorossi, eguagliando così l’annata 2020-2021, quella di Bulleri in panchina e Scola in campo.

Luis, El General, passato dal campo agli uffici della dirigenza, per cambiare tutto, per rivoluzionare il mondo della Pallacanestro Varese, per riportare il nome della società biancorossa in auge, in Italia come in Europa, in un percorso lungo, tortuoso forse anche più di quanto ci si potesse aspettare.

Un percorso che, dopo una stagione salvata per il rotto della cuffia in campionato ha bisogno di ripartire, più rapido e deciso che mai. Perché bisogna fare i conti con la realtà, che parla di una Varese che doveva cambiare tutto e che, limitandoci ai risultati di campo, in due anni ormai si ritrova al punto di partenza.

La salvezza alla penultima giornata, la paura perenne dello spettro retrocessione, gli errori estivi e le manovre in corsa, anche extra budget, pur di salvare una barca che stava per affondare e che senza Mannion, sarebbe affondata.

Bisogna ripartire da questa consapevolezza per costruire una Pallacanestro Varese che possa davvero tornare a vivere una stagione di alto livello: bisogna cercare di farlo, probabilmente, in maniera differente da quanto fatto un paio di estati fa quando si cambiò tutto prima per vivere una stagione che senza penalizzazione avrebbe riportato i biancorossi ai playoff.

Bisogna cercare di farlo nel segno, per una volta, di una piccola continuità, che potrebbe passare da McDermott e Moretti, da Librizzi e da Okeke ma soprattutto da Nico Mannion.

Mannion, appunto, il primo grande nodo da sciogliere in un’estate che non può permettersi errori come quella appena passata. Un nodo da sciogliere in fretta perché tanto condizionante in campo come nei conti. Un nodo da sciogliere in fretta per non rivivere la stessa situazione vissuta con Markel Brown la scorsa estate: atteso fin troppo prima di essere abbandonati.

Una continuità che sarà di campo ma che a meno di clamorosi colpi di scena non sarà in panchina: la scelta dell’uomo che guiderà la squadra e del suo staff saranno fondamentali per imbastire fin da subito una coerenza di lavoro e di progetto che non ripeta l’errore di nominare un coach a fine luglio, a squadra già fatta, lontano dalla filosofia del Moreyball che rimarrà alla base di tutto.

Che sia Mandole (probabilissimo) o un altro, che abbia come assistente Legovich (praticamente impossibile) o un altro, non importa ad ora, importa che lo si sappia e decida presto, per mettere il primo fondamentale tassello, perché questa stagione ha insegnato quanto la figura del coach, nonostante tutte le limitazioni del sistema, sia importante.

Il campo come la società, la questione del main sponsor e lo sviluppo di VSE: fattori, situazioni che saranno di impellente importanza per questa Varese, che vive il suo futuro adesso, che ha bisogno di costruire lo stesso su basi molto più solide di quelle che hanno caratterizzato tutta l’annata appena conclusa. Senza equivoci, con il minor numero di errori possibili, con la coscienza che quel terz’ultimo posto è il campanello d’allarme più grande da ascoltare con le orecchie ben aperte, per non far sì che il prossimo anno il baratro da scampato pericolo diventi realtà.

Il futuro è adesso, è nelle mani di Scola, che è chiamato ancora una volta ad invertire nuovamente la rotta, come ha già fatto una volta, come è chiamato a rifare, perché tutta Varese è nelle sue mani, non potrebbe esserne in altre migliori, perché solo El General può ancora una volta rilanciare Varese, a patto di guardare la stagione appena passata come una lezione e non come un capitolo da chiudere e lasciare lì in un cassetto dei ricordi.

Alessandro Burin

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