Nello sport il caso non esiste. Non può essere derubricato a mera coincidenza il fatto che, da quando c’è Tyler Larson a dirigere le operazioni della squadra biancorossa, Varese abbia fatto registrare più vittorie che sconfitte. Nelle due precedenti stagioni, il nativo di Las Vegas si era diviso tra Lettonia e Belgio: con la maglia di Liegi si era attestato come straordinario tiratore, con 18.2 punti di media e il 48.5% dall’arco dei tre punti in aggiunta a 5.8 assist. In Italia si sta mettendo in mostra più come passatore che come realizzatore e sta incarnando alla perfezione il ruolo di playmaker in una squadra che, da quando è arrivato lui, sa quasi solo vincere.

Sono passati due mesi e mezzo dalla tua prima partita italiana. Quali sono le principali differenze rispetto alle tue precedenti esperienze?
«Devo dire che penso di essermi adattato abbastanza velocemente allo stile di gioco che si pratica qui in Italia. Soprattutto adesso, dopo le ultime prestazioni, mi sento perfettamente calato nella parte e spero di riuscire a continuare così. È un campionato differente rispetto a quelli in cui ho giocato in passato, però in realtà quando si è ad alti livelli il basket è molto competitivo ovunque si vada. C’è più talento rispetto al Belgio, ma anche quello era un campionato interessante da questo punto di vista. La differenza principale è quella fisica: in Italia c’è molto più atletismo».

Sei vittorie e due sconfitte dal tuo arrivo. In termini di gioco, quale contributo hai saputo offrire alla squadra?
«Penso di essermi attestato come un playmaker che guida la squadra, sa essere sempre solido e cerca di far sentire tutti i compagni a proprio agio. Inoltre, credo di aver disputato fino ad ora un campionato di alto livello in difesa: nelle nostre partite la metà campo difensiva è fondamentale. È soprattutto sotto questi due aspetti che sto aiutando la squadra. Quando arrivi a metà stagione devi sempre trovare il tuo ruolo, il mio penso che sia questo».

Quando sei arrivato, il playmaker della squadra era Cameron Wells. Hai assunto subito questo ruolo o in questi due mesi vi siete ripartiti le responsabilità in base alle situazioni?
«Al mio arrivo mi è stato subito chiesto quale fosse il mio ruolo preferito: in fondo ho caratteristiche da combo-guard, però qui volevo fare il playmaker. È una questione per la quale è meglio che non ci sia ambiguità perché è un ruolo fondamentale, in cui a mio avviso ci vuole una gerarchia precisa. Cameron ha accettato senza problemi di fare la guardia e quindi penso si possa dire che fin dal mio arrivo il playmaker sono stato io».

Sei arrivato come realizzatore, ti sei messo in mostra come passatore. Pensi di dover segnare di più o alla squadra servi principalmente come uomo assist?
«È vero che in Belgio ero il miglior marcatore del campionato, ma ero anche il giocatore con più assist di media. Io ho la mentalità di chi deve fare esclusivamente quello che serve alla squadra e qui a Varese serviva qualcuno che fosse in grado di innescare i compagni liberi. Non mi interessa tirare per le statistiche e non mi interessa neanche dover essere per forza protagonista. Certo, se ci sarà una serata in cui servirà che mi prenderò qualche responsabilità in più in fase realizzativa, non mi tirerò indietro».

Considerando il calendario, quanta fiducia hai nella possibilità di raggiungere i Playoff?
«Parecchia. In casa giochiamo molto bene, anche perché il pubblico ci dà grande energia: delle cinque partite che mancano, tre sono a Masnago. Questo ci aiuta molto, anche psicologicamente. Dobbiamo dedicare molto tempo alla fase di scouting delle nostre avversarie per stilare il nostro piano partita e, soprattutto, dobbiamo continuare a lottare e a dare tutto. Secondo me abbiamo molte possibilità di farcela».

Filippo Antonelli