Ventotto anni appena compiuti, Silvia Fondriest è al suo primo anno alla UYBA. La centrale trentina ha girovagato molto tra le serie minori e in estate non ha esitato nemmeno un istante a cogliere al volo l’opportunità di vestire la maglia biancorossa.

 

Fondriest vs Bolzano by MedauQuando sei stata chiamata da Mencarelli a Busto hai dichiarato sui social “ho sentito le farfalle nello stomaco”. Le senti ancora?
“Sì le sento ancora. Diciamo che, ovviamente, adesso un po’ mi sono resa conto di quello che sto facendo; e poi, stare sempre in un sogno e sulle nuvole non va bene. Ora sono più cosciente di quello che sto vivendo e sono contentissima”.

E come ci si sente ad essere una “farfalla”? Si prova più gioia o più responsabilità?
”Non pensavo di venire a Busto e di giocare da titolare. La mia prima responsabilità è verso me stessa per provare a conquistarmi il posto; è questo il mio obiettivo principale. Quando sono in campo, poi, la responsabilità che sento è quella di fare bene, il meglio possibile”.

La concorrenza per il posto da titolare è molto forte, anche se quando sei stata chiamata in campo ti sei fatta trovare sempre molto agguerrita. Cosa pensi di dover fare di più per vedere il campo con più continuità?
“In realtà Mencarelli mi dà sempre l’opportunità di giocare e, se in questo periodo non parto nel sestetto, è anche demerito mio, nel senso che scende in campo chi in allenamento rende di più o chi è più utile alla causa in quel momento. Quindi, se per ora il coach sta facendo questa scelta, quello che posso fare è dare di più e cercare di crescere ancora”.

Hai dichiarato che ti sarebbe piaciuto giocare come banda ricevitrice. Cosa ti ha portato invece a giocare nel ruolo di centrale?
“Nessuno mi ha mai fatto fare la banda ricevitrice, ma quello è il mio sogno. Quando smetterò di giocare a pallavolo ad alti livelli se qualcuno mi vorrà andrò a fare quel ruolo. Il fatto è che il mio bagher non è mai piaciuto molto e mi hanno sempre dirottato al centro”.

Fondriest sorride bianco e nero by medauSei stata allenata da Greca Pillitu. Trovi differenze, e se sì quali, tra avere un coach uomo o donna?
“Greca caratterialmente è un davvero tipo tosto. Non ho notato grandi diversità tra uomini e donne e, anzi, forse proprio perchè donna, Greca è sempre stata più rigida sotto alcuni aspetti e a volte è stata più aggressiva degli uomini”.

Hai militato nella Bundesliga austriaca. È molto diversa dalla serie A italiana?
“In Austria la pallavolo non è amata e non è seguita come in Italia e diciamo che anche tutto il resto ne è una conseguenza: il livello non è così alto né nella qualità delle giocatrici, né nell’intensità degli allenamenti. C’è molta voglia di fare, ma la pallavolo è vista più come un’occupazione ludica che come una vera e propria professione. Per questo motivo tutte le giocatrici austriache, oltre alla pallavolo, o lavorano o studiano; soltanto a Vienna c’è una squadra un po’ più forte e le straniere generalmente giocano lì”.

Nella prima parte di stagione il rendimento della UYBA è stato altalenante. Quali sono i buoni propositi che vi siete dati per il nuovo anno e per la seconda parte dell’annata?
”Innanzitutto più continuità. Nell’ultima partita fuori casa, quella a Piacenza, anche se il risultato non è stato quello sperato, non abbiamo giocato male, anzi, abbiamo disputato una delle nostre migliori gare esterne e dobbiamo ripartire proprio da lì. Inoltre, sappiamo di dover crescere soprattutto fuori casa; al Palayamamay, pur avendo avuto alti e bassi, possiamo sempre contare sull’aiuto del pubblico (sembra una frase tratta da un programma televisivo, ma è davvero così).

Fondriest Cialfi by MedauIl soprannome che ti è stato dato dai tifosi è “L’Heidi delle Dolomiti”. Se dovessi scegliere una Clara all’interno della squadra e un Peter all’interno dello staff, chi nomineresti?
“Per maggiori affinità sceglierei Caterina Cialfi, siamo le “San Macario’s girls”.  Come rappresentante dello staff, punterei su Mattiroli perchè mi fa morire dal ridere”.

E c’è qualcosa delle Dolomiti che hai lasciato per trasferirti a Busto che ti manca più delle altre?
“Sicuramente l’aria e le montagne (questo fa molto Heidi, in effetti) e non posso sopportare la nebbia. I miei genitori sono venuti solo una volta a vedermi giocare a Busto e mia mamma mi ha fatto subito notare che l’aria è diversa”.

Ho letto che, a differenza di molte altre tue colleghe, l’altezza per te non è un punto debole ma un punto di forza. Non hai mai pensato di sfruttarla in modo diverso che nello sport? Alla fine avresti avuto tutte le caratteristiche per fare la modella.
“Mi dicono che posso fare la ballerina perchè ne ho le movenze; però, pensando ad un ballerino che dovrebbe sollevarmi, penso che sarebbe un bel problema per lui. A parte questo, ho sempre ritenuto di sfruttare l’altezza per lo sport perchè a me piace lo sport in generale. Se non mi fosse servita per la pallavolo l’avrei probabilmente spesa in qualche altra disciplina”.

Da piccola ti vedevi maestra di italiano, ora sei iscritta a scienze motorie e non disdegneresti in futuro di fare l’insegnante di educazione fisica. Ne sei proprio sicura?
“Sì, è una cosa che mi piace un sacco, anche se sono terrorizzata da una categoria in particolare di alunni, quelli delle medie. Lì ho fatto il tirocinio e i ragazzini facevano delle avances sia a me che alla mia compagna che eravamo almeno un metro più alte di loro e almeno dieci anni più grandi.

Fondriest esulta by medauSe potessi giocare in un sestetto dei sogni, che giocatrici vorresti al tuo fianco in campo? 
“Non dirò mai grandi nomi. La mia squadra dei sogni sarebbe composta solo da tante mie amiche che militano in B1 perché per me giocare a pallavolo è un divertimento. In regia alternerei Elena Galtarossa, la mia migliore amica, e Valeria Pesce; Bovolo e Bilocco sarebbero le due bande, opposto Mattiazzo, al centro Candi che gioca in A2 a Monza e come libero Cardani”.

I tifosi ti hanno subito accolta con grande entusiasmo e tu li hai ricambiati con il tuo sorriso e la tua dolcezza. Quale pensi sia il segreto di questa spontanea alchimia?
“Parto dal presupposto che mi piace riceve un sorriso e quindi, a mia volta, cerco di accogliere con un sorriso. Di base c’è questo poi, è ovvio, che giornate storte capitano a tutti, ma un sorriso o un buongiorno non costano nulla”.

Tu e Valeria Papa siete state soprannominate “le gemelle diverse” e in effetti la somiglianza c’è. Come ci si sente ad avere una sosia in squadra?
“Diciamo che l’abbiamo buttata sul ridere, anche se una volta si sono avvicinati a Valeria e le hanno detto: “Brava Fondriest, oggi belle fast” e lei non ha molto apprezzato. C’è da dire che da dietro siamo uguali, davanti le persone invece ci riconoscono. Ci scherziamo su”.

Se dovessi dare un giudizio a questa squadra, cosa diresti?
“Ogni tanto dovremmo essere più aggressive, più cattive in campo, spesso ci manca quel qualcosa in più e a volte ci perdiamo in un bicchiere d’acqua. Il gruppo c’è, siamo giovani e abbiamo buone caratteristiche, sul fattore tecnico, inoltre, lavoriamo tutti i giorni”.

E se dovessi fare un bilancio invece, cosa puoi dirmi?
“Che siamo partite col botto e poi abbiamo avuto un black out. L’alternanza di prestazioni, dovuta anche alla “giovine età”, ci può stare, ma, dopo l’esaltante vittoria contro Conegliano, abbiamo avuto un leggero calo fisico e siamo incappate in un periodo no. Alla fine non siamo riuscite ad assestare quel colpo di reni che ci poteva permettere di accedere ai quarti di Coppa Italia”.

Fondriest bianco e nero by MedauNella tua vita, cosa è davvero “centrale”?
“Gli affetti, sempre quello. Sono una ragazza emotiva, cosa che è la mia fortuna e anche la mia sfortuna perché quando vivo periodi in cui va tutto bene non mi ferma nessuno, ma nei momenti in cui le cose vanno meno bene mi abbatto e sono solo le amicizie e i legami solidi che mi aiutano a stare in equilibrio”.

Cara Silvia, tu hai avuto la sfortuna di essere una Bomberos: oltre ad esserti vicino moralmente, cosa si prova ad essere una prescelta per questo famigerato gruppo?
“Sono contenta e mi fa piacere, anche se mi devo scusare perchè spesso mi perdo quando sto con loro. È stata una bella sorpresa, ma devo ammettere che sapevo già chi fossero perchè uno dei ragazzi conosce Sonia Candi, che è mia amica, e lei me ne aveva parlato”.

Potresti cortesemente suggerire ai ragazzi che non è necessario che ti stiano così attaccati ogni volta che ti vedono?
“Vedrò di puzzare di più così che non si avvicinino più, anche se io non sudo tanto. Noi siamo in tre, loro sono in quattro e quindi io ne ho due solo per me: Cappone e Gatto. Conosco il gruppo dei Bomberos, ma ho saputo dei Tigers solo una settimana fa. C’è tanta gente, non riesco a stare dietro a tutto (sorride)”.

Ho verificato il tuo passato da giocatrice e ho notato che prima di questa esperienza a Busto hai militato prevalentemente in squadre del triveneto: sei arrivata qui perché eri stufa dei vini bianchi e volevi passare alle birre artigianali?
“Non posso dire niente sulla birra perchè è uno degli sponsor (ridendo). Volevo scoprire nuovi vini però alla fine al supermercato compro ancora quelli veneti: il primo amore non si scorda mai”.

Sei sempre sorridente e solare. Cosa invece ti fa perdere il sorriso:
– quando perdi una partita
– 
quando non ottieni ciò che hai voluto
– 
quando devi vedere Marco, Simone, Antonio e Diego
“L’ultima – ride -”.

 

Michela Guarino e Manuel Prearo
(foto di Salvatore Medau)